Su Enola Gay si attende con frenesia e impazienza lo scoppio della bomba. Il tenente Jeppson, addetto ai controlli elettronici di Little Boy, esclama: “Ma perché non scoppia”?
Un secondo dopo ecco, lo scoppio. L’orologio segna le otto, sedici minuti, otto secondi. I detonatori proiettano l’uno contro l’altro i quattro blocchi di uranio 235. Si forma la massa critica e l’atomica si disintegra rilasciando la sua potenza distruttiva. Si accende un piccolo sole artificiale, un globo di luce intollerabile per le pupille umane, un pugno apocalittico sferrata alla terra. In quello scoppio c’è dentro un big bang in miniatura, una colossale battaglia di atomi in un microcosmo latore di morte.
Il centro focale di questa follia atomica è un punto situato a circa 600 metri di altezza dai tetti più alti di Hiroshima, sulla perpendicolare del ponte del fiume Ota. Il lancio è stato precisissimo.
Una luce accecante, lattiginosa, si espande nell’etere. I colori dell’iride risplendono d’improvviso come un immenso arcobaleno fluttuante nel cielo. E’una visione bellissima nella sua brutalità. Da quei colori iridescenti nascono fiotti di luce dorati, perlacei e diamantini. Sembra quasi un inno alla vita colorata.
Bob Caron non ha distolto un attimo lo sguardo dalla caduta della bomba e ora quel mastodontico lampo di luce sta cercando di perforare gli occhiali protettivi. “Il bagliore è stato così vivido ed intenso che, nonostante gli occhiali, ho sinceramente temuto di diventare cieco. L’esplosione atomica non è uno spettacolo per occhi umani” dirà in seguito.
La testimonianza di Tibbets: “Il B-29 si trovava a 17 chilometri dal punto dell’esplosione. L’onda d’urto, viaggiando a più di mille metri al secondo, ne ha impiegati 15 per raggiungerci. L’impatto è stato così violento che ho faticato alquanto per tenere i controlli di Enola Gay: l’apparecchio vibrava come una lamiera ondulata e all’interno volavano tutti gli oggetti”.
Nell’attimo in cui l’onda d’urto raggiunge la Superfortezza B-29, Tibbets grida: “L’antiaerea ci ha colpito”! Gli risponde Parson: “Macchè antiaerea! E’lei, la bomba”. Il fungo atomico li sta inseguendo.
A Hiroshima nel momento stesso dello scoppio muoiono decine di migliaia di persone. Quante, non si sa di preciso. Circa trentamila, si dice. E’difficile fare il calcolo perché le persone muoiono in maniere diverse e ad intervalli di pochi secondi le une dalle altre.
Le prime persone tecnicamente non muoiono in modo umano, ma semplicemente finiscono di esistere come agglomerati di cellule. Provano qualche sensazione, anche per un nanosecondo? Probabilmente no, e questo non è un male nel dramma totale che sta accadendo. Non sentono nulla, così come le piante e gli animali che vengono colpiti. Sono gli uomini-ombra, perché lasciano le loro ombre impresse sui muri delle case, sulle strade, sulla materia. Ombre di uomini, donne, bambini, cani, farfalle, fiori.
Anche le pietre non sono indenni dalla loro distruzione interna. Uno zoccolo di basalto, vicino ad un antico tempio, sembra un puntaspilli perché è irto di migliaia di acutissimi aghi. Sono dei cristalli mai visti, di una bellezza e di una brutalità accecanti, nati dalla fusione degli atomi che componevano quella pietra. Per un tempo non misurabile, dell’ordine di 1/10.000 di secondo, lo scoppio dell’atomica lo ha raggiunto con la sua lingua di fuoco da 500.000 gradi.
I dissolti vivi, come detti, possono essere considerati fortunati. Sì, perché un’altra specie di uomini, gli uomini-formica, muoiono soffrendo per una decina di secondi. La formica, quando viene bruciata, si rattrappisce, si contrae, rimpicciolisce, crepita, scoppietta e poi diventa fumo e infine cenere. La stessa cosa accade agli uomini-formica raggiunti dal lampo della bomba. La loro sorte è più umana rispetto a quelli degli uomini-ombra, la cui fotografia di morte rimane impressa sulle cose materiali, ma è nettamente più dolorosa. Questi uomini-formica sono circa cinquantamila.
Quindi, ottantamila abitanti di Hiroshima muoiono quasi contemporaneamente, nell’arco di dieci secondi.
Il vento nucleare ora sta spazzando ogni cosa. L’epicentro dello scoppio ha riguardato un’area di due chilometri, entro la quale sono cessati di esistere gli uomini-ombra e sono morti gli uomini-formica. Tocca al soffio mortale continuare il macabro lavoro. Non ha più una temperatura stellare, perché gli manca l’energia termica sufficiente a volatilizzare gli esseri umani. Però è sempre rovente, e soprattutto pregno di particelle radioattive, i raggi-gamma. Il vento atomica spazza tutto e crea nuove categorie di morti.
Ecco i nuovi sfortunati. Gli uomini-carbone, che vengono colpiti dal soffio nucleare e diventano neri come dei carboni. Gli uomini-cera, che vedono le proprie carni sciogliersi e le propria ossa biancheggiare orribilmente all’esterno. Gli uomini-mummia, diventati legnosi e rinsecchiti con gli abiti calcificati addosso, come le mummie egizie.
Hiroshima è un lago di magma ardente entro il quale tutto brucia e tutto si sta distruggendo.
Dodici chilometri quadrati dell’area non esistono più. Sono saltate le tubazioni, le centrali elettriche e del gas, le acque del fiume sono strapiene di oggetti e di cadaveri, la terra sta bruciando come un immenso zolfanello. Il vento nucleare continua a imperversare, sollevando tetti, carri, animali, creature umane: è un immenso tornado artificiale fluttuante nell’aria radioattiva.
Gli abitanti sopravvissuti ai primi minuti di devastazione sono naturalmente presi da un terrore cieco, corrono da una parte all’altra, urlano come ossessi, muoiono orribilmente e lentamente. Ad un certo punto ecco che da lassù, dal cielo che ha portato quella sciagura, comincia a scendere una pioggia sporca, fangosa, lercia. Dapprima qualcuno la benedice perché crede che sia acqua. Purtroppo non è acqua. Le gocce sono grosse come uova di piccione, sono ardenti e divorano tutto ciò su cui cadono. E’la pioggia di scorie radioattive, che cala come un sudario sulla città agonizzante. Perché succede questo? Perché la naturale umidità dell’aria mattutina si è vaporizzata dentro alla sfera di fuoco, condensandosi poi in una nuvola a forma di fungo nucleare (quella che hanno visto Tibbets e compagni da Enola Gay). Quelle gocce contengono raggi gamma che sciolgono, deteriorano, martirizzano la pelle, le ossa, gli organi interni, rendendoli inquinati.
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