Capitolo Quinto

Il 2 agosto del 1914 è una giornata di sole cocente anche su una banchina della Neva, vicino al Palazzo d’Inverno. Verso le quattro del pomeriggio lo yacht imperiale Alexandra viene accolto da una folla festante di 50.000 persone.

Lo zar Nicola scende dall’imbarcazione e si avvia nella grandiosa residenza opera di Bartolomeo Rastrelli. Bacia le icone della Vergine di Kazan e del Salvatore. Il dado è tratto. La Grande Guerra può cominciare.

La Russia ci arriva dopo la batosta subita nel 1904-1905 contro il Giappone. L’esercito zarista è una “valanga umana”, come era definito giustamente dalle altre potenze europee. L’ordine di mobilitazione attiva tre milioni e 115.000 giovani russi. Le riserve ammontano a quasi 2 milioni e mezzo. Chi potrà resistere a questa valanga?
Per armare tutte queste truppe sarebbero necessarie armi pesanti, mitragliatrici, cartucce. L’industria russa però non è preparata a questa mole di richiesta. Tra l’agosto e il dicembre del ’14, dunque all’inizio della guerra, si producono solo 278.000 fucili, per di più di cattivissima qualità. La flotta è rimasta all’Ottocento, forse anche a prima. L’aviazione non esiste.
L’esercito è organizzato in 37 corpi d’armata, costituiti ciascuno da due divisioni; ognuna di queste si articola in 16 battaglioni. Vi sono 19 brigate autonome e 35 divisioni di riserva. La cavalleria (obsoleta al massimo) conta 24 divisioni e altre 12 di riserva. La Russia dispone di molti più uomini delle altre potenze. Punta sulla massa, non sulla qualità degli armamenti. Nel caso, poi, che le cose vadano male, giocherebbe la carta della difensiva, che ha già ucciso le ambizioni di Napoleone.
Però questa mole impressionante di carne umana deve spostarsi. La Russia dispone di un solo chilometro di strada ferrata per ogni 100 chilometri di territorio: un’inezia. Le strade carrozzabili sono quasi tutte inadeguate a far passare velocemente quella valanga. Compiere degli spostamenti veloci è impossibile in quasi tutto il territorio russo. Eppure si è deciso di attaccare subito.

Al comando delle truppe c’è lo zio della zar, il granduca Nicola Nicolaievic. E’un buon soldato, questo è stato appurato da tutti gli storici. Condivide sin da subito con i suoi uomini le condizioni di vita pessime ed è benvoluto. Però non ha esperienza di campo, se non quella maturata nel 1877 quando scese in campo contro i Turchi. Ancora abbastanza giovane (ha 58 anni), è intelligente, prestante (alto quasi due metri) e abbastanza ben aggiornato sulle nuove tecniche di guerra.
Il primo ad attaccare è però il generale Zilinski, ansiosissimo di affondare. Il suo piano prevede l’attacco di due armate contro la Germania e di quattro contro l’Austria. L’obiettivo è quello di concentrarsi sulla Polonia, andando a puntare direttamente su Berlino. Il generale Ivanov, invece, agirà verso sud nella Galizia con a disposizione le armate meno efficienti.
La valanga umana comincia a muoversi dunque puntando sul territorio polacco forte, all’inizio della guerra di 2 milioni e 700 mila uomini. Difficile trovare un paragone con la Germania, figuriamoci con l’Austria. Però quelle armate dispongono di armi vecchie e obsolete, mentre i Tedeschi hanno dalla loro lunghissime file di cannoni e mitragliatrici.
Anche i Russi portano le armi pesanti, ma mancano i proiettili, quindi la priorità è attaccare uomo contro uomo, massa umana contro massa umana.

L’esercito dello zar varca la frontiera tedesca il 12 agosto. E’un giorno caldo e sereno. Un reggimento di fanteria ed alcuni reparti di cavalleria arrivano subito nella Prussia Orientale. Comincia l’attacco che si concluderà con le sconfitte di Tannenberg e dei Laghi Masuri.
A sud le cose vanno meglio, inaspettatamente. L’Austria ha prestato il fianco nella Galizia e i Russi sono riusciti ad affondare quasi senza difficoltà.
Dunque, alla fine del primo anno di guerra, la Russia rimane minacciosa pur avendo subito delle batoste proprio nella zona dove avrebbe dovuto vincere. Gli effetti di queste batoste arrivano con i primi problemi disciplinari. La valanga umana ha subito perdite pesantissime a fronte di pochi vantaggi e l’artiglieria pesante comincia a scarseggiare. La stampa si chiede se i comandi siano all’altezza, in particolare il granduca Nicola. La Duma, nel febbraio del 1915, riceve un rapporto segreto nel quale si evidenziano gravi deficienze all’interno dell’esercito.
Si inizia a cercare un colpevole, un capro espiatorio, come sempre accade quando non si vuole ammettere i propri errori. Viene trovato nelle spie tedesche, che hanno infiltrato dappertutto, sino a corte. Qualsiasi tradimento è possibile: le sconfitte sono figlie di questa situazione, non per demeriti propri.
La psicosi della spia nasconde le magagne della corruzione e della speculazione, che sono due aspetti incredibilmente schifosi di tutte le guerre. Una parte della borghesia si arricchisce grazie alle forniture di armi, di medicinali, di vestiti per l’esercito. I prezzi di questi prodotti aumentano a dismisura e pochissimi approfittatori riescono a fare immense fortune sulla pelle della valanga umana e sulla dabbenaggine della classe dirigente russa. Le sconfitte, nel’15, si susseguono, così come le rivolte popolari.
La tensione, nella grande nazione, cresce a dismisura. In questo clima Rasputin continua a chiedere la pace. Però è sempre più solo. Anche i ministri e i generali che egli ha creato cominciano ad abbandonarlo. Le crisi di Alessio si sono fatte sempre più sporadiche e lui ha imboccato ormai la strada della perdizione più totale. Almeno riguardo alla guerra, comunque, ci vede giusto. E’necessario almeno indietreggiare e non continuare a sprecare sangue per attaccare la Germania e il suo muro di artiglieria.

Rasputin, non riuscendo ad evitare la continuazione della guerra, tenta di utilizzare i suoi poteri per favorire le truppe. Dà consigli sulla strategia, prega perché si diradi la nebbia in un determinato settore, suggerisce di attaccare in un certo punto. Però le cose continuano a peggiorare e la Duma vuole rimuoverlo dalla sua posizione di consigliere privilegiato della famiglia imperiale. Fa circolare la diceria che sia al servizio dei Tedeschi, cerca di farlo uccidere in ogni modo, tenta di minacciarlo anche apertamente. Lui non desiste, anzi ottiene la destituzione del granduca Nicola: il suo sostituto sarà addirittura lo zar. Questa mossa, suggerita sicuramente da Rasputin stesso, lo condanna.
Per due ragioni. La prima è che lo priva del suo protettore principale. La seconda è che fornisce il destro per l’accusa di tentare di manovrare la zarina al fine di prendere lui stesso il potere.
I membri della Duma, compatti, decidono di ordire l’ennesima congiura, quella che dovrebbe mettere la parola fine al regno occulto del monaco.

Le mie pubblicazioni

A vostra disposizione le mie pubblicazioni, buona lettura!

La guerra delle razze

Capitoli

Capitolo Primo

Il nome di Grigorij Efimovic Rasputin evoca quasi sempre l’immagine di un mostro, perverso e sadico, approfittatore, plagiatore dei reali di Russia, un simbolo di lussuria e peccato. Leggi tutto »


Capitolo Secondo

Rasputin nasce il 21 gennaio 1869 in un’umile isba, la tipica capanna russa, nel villaggio rurale di Pokrovskoie, sul fiume Tura, poco lontano dalla cittadina di Tjiumen, nel distretto siberiano di Tobolsk. Leggi tutto »


Capitolo Terzo

In quel momento, a Pietroburgo, c’è una donna che ha bisogno più di tutte dell’aiuto di Rasputin. E’la zarina, Alessandra Feodorovna, tedesca, bellissima e affetta da una malattia terribile: l’emofilia. Leggi tutto »


Capitolo Quarto

Sino al settembre del 1912 la malattia di Alessio viene tenuta sotto controllo, anche perché è lo stesso Rasputin a raccomandargli la massima prudenza. Le crisi, quando arrivano, sono passeggere e risolte in breve tempo dalle guarigioni del mistico. Tutto sembra andare per verso giusto. Leggi tutto »


Capitolo Quinto

Il 2 agosto del 1914 è una giornata di sole cocente anche su una banchina della Neva, vicino al Palazzo d’Inverno. Verso le quattro del pomeriggio lo yacht imperiale Alexandra viene accolto da una folla festante di 50.000 persone. Leggi tutto »


Capitolo Sesto

Felix Yussupov non ha ancora compiuto trent’anni, è un uomo bellissimo e ricchissimo. Di famiglia nobile, si è laureato ad Oxford e ha viaggiato in quasi tutto il mondo. Leggi tutto »


Capitolo Settimo

E’dicembre. Pietroburgo è coperta da una candida coltre di neve. L’appuntamento con la morte è fissato per il 16 dicembre 1916. Leggi tutto »


Capitolo Ottavo

I preparativi vanno per le lunghe, anche perché i congiurati sono ancora in fibrillazione. Yussupov è agitato, inquieto. Decide di tornare nella stanza dell’assassinio. Rasputin è là, morto. Leggi tutto »


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