Veduta della costa di Posillipo – Tomba di Virgilio - Grande
rispetto di Virgilio da parte dei Napoletani – Aerea situazione -
Un grandioso scenario
6 Novembre 1780
Sino ad oggi non abbiamo avuto altro che pioggia; il mare è sempre stato coperto di nebbie, e Capri sempre invisibile. Ci crederesti? Non son ancora riuscito a salire su Monte Elmo e a
Capo di Monte, per ammirare una veduta della città.
Alla fine un lucente sprazzo di luce mattutina mi salutò dalla mia grande terrazza di Chiaja, che domina l’intero litorale di Posilipo. Insensibilmente mi sporsi da questa e (sai quale passo tengo quando devo scoprire qualcosa) presto raggiunsi l’entrata della grotta, che si trova tra scure ombre, mentre gli spuntoni che si abbassano sopra di essa erano scintillantemente illuminati.
Cespugli e vigneti crescono lussuriosi tra le crepe della rocca; e i suoi freschi colori gialli, variegati con edera, rimandano un leggiadro effetto. Sulla destra, un boschetto di pini spuntava dai più alti pinnacoli: sulla sinistra, la baia ed un castagneto cela la tomba di Virgilio, situata sulla sommità di una scogliera che incombe sopra l’apertura della grotta, e che è frangiata di vegetazione. Sotto vi sono diverse ampie aperture nella pietra, che conducono in caverne profonde sessanta o settanta piedi, dove una moltitudine di paesani impegnati negli scavi facevano un trambusto con i loro utensili per nulla sgradevole. Camminai alla luce del mattino e mi sedetti su una pietra smossa subito sotto al primo tetro arco della grotta, e guardando verso la luna e solenne prospettiva che terminava con un granello di grigia luce incerta, mi misi a venerare un’opera che qualche antico cronista immaginò risalente alla guerra Troiana. In quel punto la misteriosa razza dei Cimmeri compiva i loro riti infernali, e lì si trovava lo scavo che forse portava alla loro dimora.
I Napoletani ritengono invece che l’origine del luogo sia più moderna, sebbene la datazione sia davvero problematica: credono che questa sia stata plasmata dalle magie di Virgilio, che, come Addison molto giustamente osserva, è meglio noto qui a Napoli per le sue arti magiche che non come autore dell’Eneide.
Questa stramba infatuazione deriva probabilmente dalla vicinanza con la tomba nella quale si ritiene conservi le sue ceneri; e che, secondo la tradizione popolare, era sorvegliata dagli stessi spiriti che l’aiutarono nella creazione della caverna. Qualunque cosa possa aver fatto nascer questa superstizione è certo che tale mito non è per nulla confinato alla popolazione di bassa estrazione.
Re Roberto, un monarca saggio sebbene lontano dall’arte poetica, qui condusse il suo amico Petrarca; e, indicando l’entrata della grotta, gli chiese con tono grave, se condividesse la credenza generale e concludesse che questo stupendo passaggio fosse stato originato dai poteri magici di Virgilio. La risposta può essere arguita.
Dopo che rimasi seduto per un certo tempo a contemplare questa via tenebrosa e cercando di persuadere me stesso che anticamente fu tagliata dai Cimmeri, decisi di ritirarmi, e seguii uno stretto sentiero che mi condusse, dopo alcune curve e serpeggiamenti, lungo l’orlo del precipizio, attraverso un vigneto, in quel recesso tra le rocce che custodisce la tomba di Virgilio, venerabilmente ricoperta di muschio e quasi per metà nascosta da arbusti e vegetazione. Il volgarotto che mi condusse rimase a distanza, mentre io cominciai a commerciare con i Mani del mio amato poeta e mi feci strada tra i cespugli che pendevano dalla bocca della caverna.
Avanzando sul bordo della roccia, vidi una folla di persone e di carriaggi, assottigliata dalla distanza, uscire dal cuore delle montagne e scomparire subito dopo essersi mostrata nelle
curve della strada. Arrampicandomi sulla caverna, mi azzardai a sporgere il mio collo sulla cima di uno dei pini, così da poter guardare e contemplare quella razza di pigmei che così
alacremente si muoveva da una parte all’altra. Il sole bruciava più di quanto avrei voluto, ma le brezze provenienti dal mare mi accarezzavano con i loro sbuffi in quel luogo da cui dominavo la baia screziata di conventi, palazzi e giardini misti a mastodontiche masse di roccia e coronati dagli edifici statali dei Cartesiani e della fortezza di Sant’Elmo.
Aggiungi una distesa celeste del mare a questa veduta, con Capri che sorgeva dal suo grembo ed il Vesuvio che esalava una candida colonna di fumo nell’etere, ed avrai la scena che contemplai per più d’un’ora, quasi dimenticando che ero appollaiato sulla cima d’un pino con null’altro eccetto una fragile frasca a sostenermi. Comunque riuscii a discendere incolume, perché il genio di Virgilio, ne ero certo, mi proteggeva.
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