Se le stagioni, come l’uomo, avessero un’anima,
due spiriti artistici vivrebbero all’interno
della Camaleontica mente dell’Autunno – e sono
il mentore del Poeta e la guida del Pittore.
Le miriadi di pensieri della mente
sono fedelmente rappresentati dai colori
che elettrizzano le foreste con fuoco profetico.
Quale abilità di un pittore può essere comparata a questi?
Quale tavolozza può esibire le fiammeggianti tinte
che su questi fronzuti geroglifici predicono
quale allestimento avranno le ultime correnti dell’anno?
Quale pagina poetica è mai stata simile a questa,
o ha raccontato la lezione dei giorni morenti della vita
così vigorosamente, con una più incisiva verità naturale,
di quegli aceri vermigli, o di questi pioppi, candidi
come il pallido sudario che avviluppa i cadaveri umani?
Lo spirito di un Re,
abbigliato della regalità che manca alla maggioranza dei monarchi,
potrebbe mai regnare insieme al sontuoso antico Autunno?
Suo è l’ermellino regale, sua la veste dorata,
suoi i mantelli color porpora degni di essere indossati
solo dal miglior sovrano che abbia mai sostenuto una corona.
Salutiamo il Regale Autunno! Il Re Poeta!
Il Coronato d’alloro delle stagioni, le cui rare poesie
sono tali che nessun cantore ha mai sperato di lanciarne
nei delicati orecchi di un mondo ammirante.
L’Autunno, il Poeta, il Pittore, il vero Re!
La sua meravigliosa immaginazione parla
dai preziosi colori delle foglie cangianti;
il sangue maturo che dilata le sue vene violacee
é simile allo scintillio di un fuoco sacro.
Egli cammina con lo spirito di Shelley sulle scogliere
dell’Etereo Caucaso, e sulle
sommità delle colline Euganee;
incontra l’anima di Wordsworth, in profonda
e filosofica meditazione, rapito
in qualche grandioso sogno d’amore verso
la razza umana. L’allegra Primavera potrà arrivare,
e sfiorare con la carezza della vita i fiori ancora sognanti,
l’Estate potrà espandere il suo fronzuto mare di verde,
e risvegliare la gioiosa distesa selvaggia al canto,
come una bellissima mano fa scaturire la musica da una lira:
ma l’Autunno, dalla sua alba al suo tramonto,
in florida bellezza, come il sole,
ammantato di rara lucentezza e fiamma eterea,
trattiene nelle sue mani tutta la frutta matura della stagione,
e muore con le sue lodi sulle sue labbra.
E’l’Estate Indiana, mite come Giugno:
qualche Re Tuscarora, qualche profeta Algonquin,
qualche Capo Huron, tornato per fumare la Pipa
della Pace sui suoi antichi territori di caccia;
la possente ombra che cammina
per sentire la bellezza delle foreste natie,
lampeggiando nelle vesti d’Autunno, o per segnare
gli scarni resti delle tribù sparpagliate
che viaggiano verso le loro tombe. Pochi Coraggiosi sono morti;
pochi possenti Cacciatori; pochissimi Capi,
come il grande Tecumseth,
per condurre le tribù ad una vittoria sicura,
ed invece scegliendo la distruzione alla sconfitta:
ma avendo tenuto il guanto di sfida nei loro giorni,
questi residui d’Autunno di qualche razza sconosciuta,
che s’avvicinano all’Inverno con la loro triste decadenza,
cadono come foglie secche nel grembo del Tempo;
i loro tronchi senza linfa, i loro forti rami spogli,
ed il lacerante grido di guerra che tuona ai loro piedi.