LECHLADE, GLOUCESTERSHIRE.
Il vento ha spazzato via dall’immensa atmosfera
tutto il vapore che oscurava i raggi del sole,
e la pallida Sera intesse la sua chioma splendente
in trecce crepuscolari intorno ai languidi occhi del Giorno:
Silenzio e Tramonto, mai amati dagli uomini,
avanzano furtivamente mano nella mano da quella valle più scura.
Diffondono le loro magie attraverso il giorno che muore,
avvolgendo la terra, l’aria, le stelle e il cielo;
la luce, i suoni e i movimenti riconoscono il loro potente signore,
rispondendo a questa bellezza con il proprio mistero.
I venti sono immoti, l’asciutta erba del campanile della chiesa
non avverte neppure il loro delicato passaggio.
E neanche tu, eterea Dimora! I cui pinnacoli
indicano il santuario come piramidi di fuoco,
obbediscono in silenzio ai loro dolci incantesimi,
vestita dei colori del cielo la tua lontana guglia fiocamente illuminata,
intorno alla cui sempre più fioca e invisibile altezza
si raccolgono le stelle che appannano la notte.
I morti dormono nei loro sepolcri:
e, mentre si consumano nel loro sonno, un improvviso suono,
quasi percepito, quasi udito, scuote la tenebra,
sussurrato dai loro letti pieni di vermi,
mescolandosi con la notte immobile ed il tacito cielo,
terribile silenzio che viene invisibilmente percepito.
Così solennizzata e addolcita, la morte è lieve
e rassicurante come la più serena delle notti:
qui potrei sperare, come qualche bambino curioso
che gioca sulle tombe, che la morte nasconde alla vista umana
dei dolci segreti, o che accanto al suo riposo senza respiro
i più amorevoli sogni vengano custoditi per l’eternità.