La notte solenne e malinconica
già rivela la sua moltitudine di allegri fuochi;
la gloriosa armata della luce
procede nell’oscuro emisfero sino a che lei si ritira nel suo giaciglio;
come silenziose sentinelle, scivolando lentamente,
arrivano le sue costellazioni, scalano i cieli, e se proseguono.
Anche il giorno ha tante stelle
che ornano il suo meraviglioso regno, lucenti come le altre:
attraverso le celesti distese lontane,
non viste, seguono il suo sentiero fiammeggiante:
più di una ritardataria, quando la sera diviene scura,
può descrivere l’armata raggiante che s’innalza e che tramonta con lui.
E tu le vedi nascere,
Stella del Polo! E tu le vedi tramontare.
Sola, nei tuoi gelidi cieli,
mantieni la tua immota antica eclittica,
non ti unisci alle danze di quel corteo scintillante,
non abbassi la tua vergine orbita nell’azzurro mare d’occidente.
Là, alla nascita del rosato mattino,
tu discretamente appari nell’aria che s’accende,
e la sera, che intorno alla terra
insegue il giorno, rimane intenta a guardarti;
lassù ti trova l’apogeo, ed anche l’ora che chiama
le forme del fuoco polare a scalare gl’azzurri muri del cielo.
Allo stesso modo, sotto il tuo sguardo,
si compiono le azioni dell’oscurità e della luce;
verso la volta celeste accesa di stelle
le città fiammeggiano – il fumo delle battaglie macchia il sole -
la tempesta notturna si abbatte rabbiosa su migliaia di colline -
e l’intenso vento del giorno mischia il mare e le nuvole.
Guardando il tuo inalterabile fulgore
il marinaio quasi naufragato, che ha perso la sua bussola,
fissa il suo sguardo su di te, fiducioso,
e pilota la nave, sicuro, verso la costa amica;
e coloro che si perdono in luoghi pericolosi, di notte,
ti sono grati, perché tu risplendi per guidare i loro passi.
E, perciò, i bardi del passato,
i saggi, e gli eremiti della solenne foresta,
vedono nei tuoi raggi di luce
uno splendido simbolo di costante beneficio,
un faro eterno, sul cui barlume
il viaggiatore dovrebbe sempre plasmare la sua attenta rotta.