Vieni, meditabonda saggia, che ami dimorare
negli sperduti eremi della Lapponia,
lontana dal chiasso e dal plebeo tumulto,
accanto all’appartata solitudine.
Vieni, e sulla mia anima che solo te anela
getta la tua scura stola color della ruggine,
e apri ai miei occhi ubbidienti
il libro dei tuoi misteri.
T’incontrerò su quella collina,
dove, senza lasciare impronte,
il mattino con i suoi grigi coturni
percorre la sua rotta d’oriente;
mentre soffiano i ridenti zefiri,
e giocano con le sottili ragnatele,
e, portati su più rozze ali,
fanno cadere le gocce di rugiada dal biancospino.
Laggiù, mentre attraversiamo i campi
sfiorando l’erba con passo frettoloso,
spaventeremo nel suo nido
la vivace allodola dal petto chiazzato,
e ascolteremo il suo canto dell’alba accompagnato
dalla brezza in mezzo alle nuvole galleggianti,
o su un cavalcasiepe ricoperto
dall’odoroso biancospino di neve infiorato,
ci siederemo, e ascolteremo in silenzio
la musica dello zufolo d’avena del pastore
che diffonde il suo suono in tutta la pianura;
oppure il continuo e sommesso muggito;
o la mungitrice nel boschetto
che canta ricordando colui ch’è morto per amore.
E quando i calori del mezzodì ci soffocheranno,
andremo in cerca degl’ombrati recessi,
dove, accanto al riparato ruscello tralucente,
il bestiame rifugge l’afoso sfavillio del sole,
e sopra di noi si affollano
le sonnolente mosche flettendo le loro antenne,
mentre l’eco, dalla sua antica quercia,
risponde ai colpi d’accetta del boscaiolo;
o l’umile canzone del villico,
che, da solo, vagabonda nelle valli,
con le screpolate labbra vermiglie di bacche
e i piedi semiscoperti in sgraziati calzari.
Ma oh! Quando la vergine regina della sera
si siede sul suo equanime trono,
e nascono sussurri confusi che
bisbigliano nelle orecchie ancora dormienti;
mentre i ruscelli ch’impallidiscono all’orizzonte
accrescono i suoni che, mischiandosi, si dissolvono,
e lo zefiro che accanto a noi danza
mormorando la sua mistica armonia,
noi cercheremo il sentiero nella foresta,
vicino al piccolo villaggio nella pianura,
dove gli affaticati rustici contadini
fischiettano la loro selvaggia melodia,
ed il gracchiante cancelletto
echeggia dal vicino podere;
ma mentre percorriamo quel sentiero verdeggiante
ricoperto di muschio e di rudi zizzanie
mediteremo sulla pensosa erudizione?
Mediteremo, sino a che l’anima, ricolma,
apparirà al nostro sguardo volto verso il cielo
incarnata in un’unica lacrima guizzante.
E poi ci siederemo, in limpido silenzio,
accanto al chiacchierante rivoletto,
che sul suo calmo e non increspato petto
alleva il vecchio arco ammantato di muschio,
che offre un appiglio al suo ruscello di vetro,
quasi nascosto tra gl’arboscelli e le erbe oscillanti,
sicuro e romito eremo della ninfa dei boschi,
mai calpestato da piedi di fauni o di silvani,
e guarderemo nell’eterea treccia della sera
il ricco cinabro lentamente scolorirsi;
coglieremo il primo dardo di luce della stella d’oriente
che flebilmente ammicca da lontano;
ecco il placido vespro, soave lume,
araldo della notte imperiale:
e nel frattempo, nelle nostre orecchie meravigliate,
s’innalzeranno sebbene sommessi, eppur dolci e nitidi,
le distanti melodie d’un liuto bucolico,
ch’invocano con dolcezza il sobrio vestito
della più delicata oscurità – ben adatta
all’amore, o all’incantesimo del meditabondo dolore,
(così un tempo le note dell’argentea musica
svegliavano il dormiente caos assiso sul suo trono).
E allora, in un improvviso crescendo,
ruggirà la lontana campana,
nella torre del castello in rovina
il fischiante gufo verrà udito versare
la sua canzone melanconica e spaventare
il sordo silenzio regnante nell’aria.
Nel frattempo la notte di nero vestita conduce
il suo cupo e dormiente corteo,
e Cinzia, emergendo dietro di lei,
si sofferma nella terribile oscurità,
evocando con il suo silente richiamo
dalle loro aeree bare,
i fantasmi senza pace, aleggianti in estasi leggiadra,
per unirsi alla danza moresca nella luce della luna;
mentre tutt’intorno al mistico anello di stelle
sorgono le guizzanti forme delle ombre,
quegli spiriti volteggiano lanciando grida stridenti,
avviluppati nelle nebbie, lungo le vie del cielo,
dove spesso vengono visti dal pastore
che veglia, insonne, sui suoi pascoli.
Poi, eremita, lascia che ci dirigiamo
verso l’immoto romitaggio dell’umile abbazia
protetta dal fogliame in quella recondita valletta,
lontana dagli spettri degli uomini indaffarati,
lascia che ci sediamo sulla tomba,
che la luce della lucciola indori il buio
e mostri al triste occhio dell’immaginazione
dove giacciono le ceneri di qualche eroe perduto.
E oh, mentre attraverso l’arco che si sta sgretolando
ricolmo d’edera e addobbato di salici piangenti,
la tempesta della notte sussurra cupa e triste,
mormorando dolcezze alle orecchie della fantasia,
faremo comunione con l’ombra
di qualche fanciulla in lacrime -
o evocheremo il fantasma di Spenser,
per raccontarci delle disgrazie e delle fortune;
e poi comandaci di gettare uno sguardo di speranza
oltre a questa angusta e afflitta sfera.
Lascia che ci attardiamo ad ammirare queste gioie,
a noi sinora negate, nei recessi di questa foresta,
o nei pascoli, o tra il fogliame,
o accanto al solitario e romantico ruscello;
lasciaci nella città affaccendata,
quando i sordi fiumi del sonno affogano le persone,
fuggono dagli assonnati cuscini,
e girano la chiave della chiesa;
poi, mentre attraverso le vetrate dipinte
i fievoli raggi della luna passano oscuramente,
e tenebrosamente sul muro ornato di trofei
cadono le sue fioche e ambigue ombre,
lasciaci, mentre i delicati venti gemono
attraverso la lunga riluttante navata,
mentre procediamo con reverenza,
contando le eco dei nostri piedi,
mentre dalle tombe, con respiro confessato,
distintamente risponde la voce della morte.
Se tu, mite saggia, accondiscenderai
di attendere sulle mie orme,
per te le mie solitarie lampade arderanno
accanto al Genio perduto dell’urna,
mentre studierò la pergamena del Tempo,
e saggiamente parleremo dell’antica dottrina,
sino a che potrò giustamente indovinare di tutti
quelli che Platone richiama alla memoria,
e esaminerà le informi visioni delle cose;
o, con gli antichi incatenati re dell’Egitto,
disporranno i mistici cortei che risplenderanno
nella notte nobile e filosofica;
e al tuo nome per sempre apparterranno
gli onori delle poesie immortali.