Ho sempre nutrito una immensa passione per la storia in generale (e per quella altomedioevale in particolare). Leggevo le pagine dei libri di critica storica e delle fonti dirette in modo del tutto simile a come avrei letto un romanzo o un thriller.
Volevo vedere come andava a finire una determinata battaglia, o una certa dinastia regia, o un leader storico particolare. Facevo il “tifo” per l’uno o per l’altro personaggio storico. Mi appassionavo ad una fazione e nel contempo arrivavo quasi ad odiare quella opposta. Quando c’erano due o più schieramenti, o due o più condottieri contrapposti, non mancavo mai di sostenere la parte che più mi aggradava. Le ragioni per cui sceglievo un protagonista della storia oppure un altro erano varie: mi piaceva il nome, mi affascinava che fosse venuto dal niente e si fosse “fatto da solo” magari scalzando avversari che invece partivano con più possibilità e risorse, mi appassionava il fatto che fosse cresciuto con dei difetti fisici e nonostante questi avesse raggiunto i suoi obiettivi. Viceversa, detestavo un personaggio che si macchiava di crimini o eccidi efferati, ma anche coloro che salivano al trono in modo tutt’altro che meritevole e in più si dimostravano indegni della carica che ricoprivano.
Questo voler umanizzare i personaggi storici è stata la chiave di volta della mia lettura della storia, da sempre. Ritengo che il corso degli eventi non sia dominato dal caso o da un destino ineluttabile. E’vero che alcuni fenomeni, legati magari all’economia o ai cambiamenti sociali siano impossibili da evitare. Ma comunque rimango del parere che la storia la plasmano gli uomini con le loro idee, i loro difetti, le loro virtù e le loro scelte. Che, si badi bene, sono spesso arbitrarie e non condivisibili. Spesso sono anche difficili da comprendere. E spesso, addirittura, furono proprio questi uomini a prendere le loro decisioni in modo affrettato e senza pensarci tanto: anzi, magari tirando semplicemente a sorte hanno deciso qualcosa che poi si rivelò incredibilmente importante nella loro vita, in quella dei loro contemporanei, e in quella dei loro discendenti.
Trovo che quest’aspetto sia bellissimo: l’uomo ha in mano il suo destino, e lo può cambiare in ogni momento. Non esiste, a parer mio, alcun fato, alcun destino già segnato, alcun corso della storia hegeliano che modella le nostre esistenze. E ancor più affascinante il fatto che questi stessi uomini abbiano, come tutti, dei difetti e dei pregi.
Ora, esaurita questa breve ma necessaria premessa, debbo confessare che il mio interesse per la storia in generale si va sempre più specializzandosi, arrivando ad approfondire tematiche non ancora esplorate. Questa è una pratica senza dubbio positiva perché dimostra come abbia ancora una ingente sete di sapere. Tuttavia nel contempo mi fa pensare che la trama principale di quella particolare storia io la conosca già. Vado a scandagliare le sfaccettature di quel determinato periodo, ma in un contesto che sostanzialmente conosco già. Per me questo è divenuto negli anni un motivo di inappagamento.
Mi spiego meglio. Conosco già il corso degli eventi, so già chi vincerà o chi perderà una battaglia, chi salirà al trono. E’ come se rileggessi un libro di cui so già la trama. Certamente direte: la soluzione è quella di studiare argomenti e periodi storici sempre nuovi. Vero. Però io ho in mente un’altra soluzione.
Cambiare la storia, inventandola. Farla diventare un romanzo, ma un romanzo nuovo, di cui non si conosce la fine, in cui si introducono dei protagonisti nuovi, in cui alcuni protagonisti originali diventano secondari o non compaiono neppure, in cui avvengono eventi diversi da quelli che accaddero in realtà.
E’un gioco. Una fantasia. Una semplice perdita di tempo, potreste dire. Vi avverto sin da ora. Se credete che questo libro corrisponda alla terza ed ultima definizione, vi consiglio di lasciarlo. Se invece ritenete che possa esservi un minimo di interesse nel seguire queste nuove vicende, vi accompagno volentieri alla narrazione.
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