I.
La luce del tramonto si era quasi confusa
nell’incerto grigiore del crepuscolo;
una lunga nube riposava sull’orizzonte,
al di sotto della quale una stria d’un bianco azzurrognolo,
oscillava tra il giorno e la notte;
nel cielo, sopra i pini della collina,
fremeva la palpitante stella della sera,
e la luna nuova, dalle tenui forme,
fiocamente scintillante attraverso le arcate degli olmi,
riempiva il calice della memoria sino all’orlo.
II.
In una sera come questa il cuore diviene
luogo di meditazione, e a stento può distinguere
il presente dal passato,
o se la realtà esiste davvero; -
una meravigliosa nebbia incantata
serpeggia dalla nuova luna,
avvolgendo tutte le cose nel mistico dubbio,
così che quest’intero mondo sembra falso,
mentre le nostre fantasie prendono colore
da un passato della nostra vita ormai dimenticato.
III.
La fanciulla si sedette ad ascoltare il flusso
del vento d’occidente così leggero e sommesso
che a stento le foglie s’agitavano qua e là;
liberi, i suoi folti capelli dorati
si scompigliavano sul petto nudo,
splendente di fremiti candidi come la neve
nella magica luce della luna:
la brezza si alzò con frusciante crescendo,
e da lontano arrivò il profumo
da lungo tempo dimenticato di un mughetto.
IV.
La fioca luna riposava sulla collina,
in silenzio, senza pensieri o desideri,
accanto a dove sedeva la fanciulla sognante;
d’un tratto la punta della luna, come una stella,
fece affondare la striscia dell’orizzonte;
la notte era giunta al suo nero apogeo,
ed ancora la fanciulla rimaneva seduta da sola,
pallida come un cadavere sotto ai raggi di luce
ed il suo bianco petto ancora brillava
come un sogno nell’oscura mezzanotte.
V.
Arrivò il mattino limpido e sereno,
e generosamente il sole cominciò a distribuire
l’oro tra i suoi biondi capelli,
accendendoli, sino a che lentamente
si formò un’aureola intorno alla sua testa;
teneva in mano un fiore appassito,
cresciuto in terre lontane,
e, silenziosamente trasfigurata,
con i grandi occhi sereni, la testa non abbassata,
la trovarono morta.
VI.
Un giovane, quella mattina, sotto altri cieli,
sentì improvvise lacrime bruciare dentro ai suoi occhi,
ed il suo cuore traboccare di ricordi;
tutte le cose all’infuori di lui sembravano essere unite
in una strana unica fratellanza,
e da allora ebbe sempre la sensazione di
camminare nel mezzo di un incantesimo misterioso,
e da allora, impossibile conoscerne la ragione,
il suo cuore si sarebbe sempre raggelato all’odore
del suo amato mughetto.
VII.
Qualcosa era fuggito via;
degli incostanti palpiti del giorno,
attraverso fessure stellate nel suo corpo,
divennero lucenti e reali, sempre di più,
mentre sulla terra tutto era rimasto nell’oscurità;
e, attraverso quelle fessure, come in un passato,
il suo spirito interiore sopportò
amori più forti e poteri più selvaggi,
che gli portarono frutti rinfrescanti e fiori
dalle dimore e dai campi Elisi.
VIII.
Proprio sul confine labile dei sensi,
non confermato da prove concrete,
ma noto da una profonda influenza
che attraverso il nostro rozzo corpo brilla
con luce crescente e divina,
laddove i più alti pensieri possono prendere il volo
s’estende il mondo del Mistero -
e lassù nessuno prende troppo in considerazione
coloro che giudicano che nulla è reale
all’infuori dell’Invisibile incontestabile.
IX.
Un passo oltre alle cose di tutti giorni,
un battito in più delle grandi ali dell’anima,
un dolore più profondo talvolta accompagna
lo spirito in quella grande Vastità
dove non v’è futuro né passato;
nessuno sa come vi sia entrato,
ma, al risveglio, trovò i propri spiriti dove
pensava che un angelo non avrebbe potuto librarsi,
e, ciò ch’egli prima chiamava falsi sogni,
adesso è la realtà.
X.
Queste apparenti sembianze sono solo spettacoli
con cui il corpo vede e conosce;
molto più sotto, per sempre scorre
il fiume delle più sottili comprensioni
che rendono i nostri spiriti stranamente saggi
nel timore, e paurosi oscuri presagi
che, dai sensi più esteriori,
si estendono oltre il nostro raziocinio e la nostra vista,
bellissime arterie di luce circolare,
pulsate all’esterno dall’Infinito.