Il "Flyer"
Il "Flyer"

Infine, atterrò trionfalmente a 38 metri dal punto di partenza. Si era materializzato il primo volo della storia umana.
Quella medesima mattina la strana macchi,a battezzata Flyer (Volatile) compì altri tre voli. La storia dell’aviazione ebbe inizio proprio in quel giorno gelido di dicembre su una spiaggia della Carolina del Nord a quattro miglia da Kitty Hawk.

Prima del Flyer avevano volato solamente dei modellini e degli alianti. Nel 1878 il tedesco Carl Friedrich Benz inventò il motore a scoppio, l’unico che, relativamente alla potenza capace di erogare, fosse abbastanza leggero da consentire il sollevamento di una vera macchina con un uomo a bordo. Siccome questo peso doveva essere almeno qualche quintale, il primo problema che si poneva era proprio il rapporto potenza-peso.
Fu proprio questo immenso scoglio che fermò gli aspiranti inventori del primo aeroplano. L’ingegnere francese Clément Ader, nel 1889, costruì una macchina dall’aspetto piuttosto sinistro, l’Eole, con le ali di pipistrello sui fianchi. Dal punto di vista puramente aerodinamico, poteva andare bene: solo che usava un motore pesantissimo a vapore di appena 20 HP. Poteva solo compiere dei piccoli balzi all’insù, staccandosi da terra al massimo di una cinquantina di metri. Fu quello che ci andò più vicino prima dell’avvento del Flyer.
Nei secoli precedenti ci avevano provato in tantissimi. Nel Cinquecento Leonardo da Vinci si pose il problema se fosse possibile o meno l’impresa del volo. Cinquemila pagine di disegni e schizzi lo dimostrano.
Nel 1804 l’inglese sir George Cayley andò vicinissimo alla soluzione: fabbricò un modellino di aliante con una superficie alare di 993 centimetri quadrati. In seguito proseguì con le sue elucubrazioni elaborando altri modellini di biplani e triplani. Nel 1809 scriveva sul Nicholson’s Journal of Philosophy: “Il problema consiste nello stabilire una superficie piana di un dato peso, spinta da una forza capace di vincere la resistenza dell’aria”. E aggiungeva: “Sono necessarie ali a diedro per garantire l’equilibrio laterale, un timone di profondità per la salita e la discesa, un timone direzionale per le virate in senso orizzontale e organi motopropulsori dotati di eliche”. Le intuizioni di Cayley furono fondamentali per l’elaborazione del Flyer.

Ecco quindi che, dopo altri tentativi bislacchi e infruttuosi di altrettanti pseudo-inventori (Forlanini, Pènaud, Chanute, Mouillard) arriviamo alla nostra prima macchina volante e alla sua condicio sine qua non: il motore a scoppio inventato da Benz. Ridicolo pensare di fabbricare aeroplani dotandoli, per energia motrice, di avvolgimenti elastici, di molle a orologeria o addirittura di cariche di polvere da sparo. Fuori discussione l’impiego del motore a vapore o di quello elettrico. Non c’era alternativa: serviva un motore a scoppio il più leggero possibile.

L’INVENZIONE

Wilbur e Orville Wright erano figli del vescovo protestante Milton Wright, della setta degli United Brethren. Pur essendo nati in una famiglia puritanissima, non vennero mai frustrati nella loro fantasia creativa: e i risultati si videro. Si innamorarono dell’aeronautica quando il padre, per il Natale del 1878, regalò a WIlbur un modellino di elicottero: naturalmente realizzato in modo molto primitivo e primordiale. Fu amore a prima vista. I due ragazzi si appassionarono ai numerosi tentativi di volare realizzati in quegli ultimi anni del XIX secolo da Otto Lilienthal, un ingegnere civile tedesco che mise a punto la tecnica del volo degli alianti. Questi, nel 1891, aveva costruito il suo primo aliante e su di esso era riuscito a planare dalla sommità di una collinetta. Anche qui, come per altri casi, l’idea aerodinamica funzionava alla perfezione, ma le mancava il tocco del motore: avendone scelto uno ad acido carbonico compresso non poteva funzionare. Il povero aviatore, durante uno dei voli, fu colpito da una folata di vento troppo forte e precipitò al suolo spezzandosi la spina dorsale e morendo il giorno successivo.
I fratelli Wright, che riuscirono a seguire i progressi di questo Lilienthal, fecero tesoro del suo fallimento. Titolari di una officina dove si costruivano e riparavano biciclette, non erano ricchi, ma abbastanza abbienti per potersi permettere di perseguire il proprio sogno. La loro idea era partire dalle “sventure” altrui senza trascurare neanche un minimo dettaglio. E, soprattutto, provarono sul campo e non solo in teoria le loro realizzazioni. Tra il 1900 e il 1902 fecero almeno un migliaio di tentativi. Scoprirono, lanciando dei modellini in un apposito tunnel del vento, i valori ottimali della curvatura alare: quindi per primi diedero la giusta importanza alla torsione delle estremità delle ali (detto svergolamento), la cui funzione negli aeroplani moderni viene adempiuta dagli alettoni.

Nel 1902 cominciarono a costruire il loro Flyer. I disegni della macchina alata furono realizzati su carta da pacchi. I Wright progettarono anche il motore, a 4 cilindri, con potenza 12 HP. Poi stabilirono che il peso dell’aeroplano doveva essere esattamente di 274 chilogrammi a vuoto e di 340 chilogrammi col pilota.
Il Flyer fu approntato nel settembre del 1903 ed era un biplano con apertura alare di 12,29 metri, lunghezza 6, 43 e altezza 2,44. Una caratteristica peculiare era quella di recare in prua i piani orizzontali – realizzazione canard – mentre il doppio timone di direzione era situato a poppa, oltre le due eliche che ruotavano in senso opposto per compensarsi reciprocamente, collegate a un motore da due cinghie di trasmissione che imprimeva loro una velocità di 450 giri al minuto. Il motore era sistemato asimmetricamente sull’ala più bassa, mentre il posto del pilota bilanciava il suo peso dall’altra parte. Il materiale era il legno, soprattutto frassino, mentre il rivestimento era di tela grezza. La velocità massima prevista era di 30 miglia l’ora, cioè 48 km/h.

Dunque, la mattina del 17 dicembre 1903, i fratelli Wright erano pronti a far volare la loro macchina infernale. Dopo aver fatto girare il motore e le eliche per qualche minuto, l’apparecchio si alzò per tre volte e per altrettante ridiscese subito. Al quarto tentativo, a mezzogiorno, l’aeroplano si elevò e poi si scese di colpo, come prima: ma stavolta il pilota, Wilbur, riuscì a manovrare perfettamente il timone e quindi a controllarlo in modo da procedere in modo regolare. L’apparecchio fu quindi in grado di arrivare sino alla sommità di una piccola altura distante 250 yard dal punto di lancio, dove si piantò al suolo. Come primo inizio, si poteva far meglio, ma almeno il Flyer era riuscito a volare, seppur per brevissimo tempo.

Col passare del tempo, i fratelli Wright perfezionarono il loro aeroplano. I successivi due modelli, il Flyer II e il Flyer III, compirono più di cento voli spinti da un motore da 17 HP. Il 9 novembre del 1904 l’apparecchio riuscì a rimanere in aria per più di cinque minuti consecutivi coprendo un tratto di strada di 4 chilometri e mezzo.
Nonostante le loro imprese, il mondo stentava a credere alla loro impresa. All’epoca andavano per la maggiore il brasiliano Alberto Santos-Dumont, che riuscì ad arrivare solamente a un volo di 200 metri per 21 secondi.
L’occasione di dimostrare la validità della loro invenzione, i fratelli Wright l’ebbero solo nel 1908 quando, ad Auvours, alla presenza di numerosissimi testimoni, Wilbur portò il suo Flyer da 24 HP a una quota di 110 metri e percorse più di 125 chilometri.
I fratelli Wright avevano ufficialmente inventato l’aviazione.