Il leggendario Vlad Tepes, il conte Dracula
Il leggendario Vlad Tepes, il conte Dracula

Questo poveraccio ebbe la sventura di vivere nello stesso periodo di Voltaire, una delle penne più intelligenti ma anche più crudeli della Storia. Il grande filosofo francese lo descrive come ingenuo, credulone, compilatore di tante fantasie e stupidaggini da farsi ridere dietro da tutti in Francia. Il suo giudizio, che all’epoca era quasi oro colato, divenne una sentenza di morte nei confronti dell’abate, il quale cadde nell’oblio, schernito e dileggiato.
E tutto questo perché? Per il semplice motivo che si era osato pubblicare una “Dissertazione sulle Apparizioni degli Spiriti e dei Vampiri, o i Redivivi di Ungheria, di Boemia, di Moravia e di Slesia”. Nella razionalissima epoca dei Lumi e degli Illuministi quest’opera suonava come una pazzia, un residuo del Medioevo che tutti volevano lasciarsi per sempre alle spalle. Eppure qualcuno, al di là della Manica, l’aveva ripubblicata e diffusa, seppure in ambienti elitari. E, nel corso del tempo, era arrivata nelle mani di Abraham Stoker, laureato al Trinity College di Dublino in matematica, poi agente teatrale, infine autore di uno sfortunato volume intitolato “I doveri degli impiegati nelle udienze per reati minori in Irlanda”. Destinato anch’egli ad una vita tutt’altro che famosa, prese a piene mani dalle storie narrate nel libro di Calmet inventandosi il personaggio di Dracula, il conte-vampiro, anche se la versione ufficiale (riferita dallo stesso Stoker) parla di un’idea nata da una solenne indigestione di granchi in insalata che lo fece addormentare e quindi sognare il suo personaggio.
La realtà è che Calmet, a metà Settecento, aveva attinto delle testimonianze (più o meno attendibili) di alcuni soldati di stanza in Ungheria che avevano assistito ad apparizioni di non-morti. Ecco il racconto: “Un soldato di guarnigione, il conte di Cabreras (comandante della guarnigione), alloggiato nella abitazione di un popolano sulla frontiera ungherese, vide entrare dalla porta, mentre egli era a tavola con il padrone di casa, un uomo che si mise a sedere insieme a loro”. Quell’uomo era il padre del padrone di casa, morto e sepolto da dieci anni. Ebbene, il giorno dopo quella visita venne ritrovato morto anche il padrone di casa, così Cabreras collegò i due eventi e fece esumare il cadavere del padre, che venne infatti ritrovato, dopo dieci anni, con del sangue fresco sulla bocca e un bel colorito vermiglio in volto. Venne quindi giudicato come vampiro, o arcivampiro, e come tale decapitato. Non contento, lo stesso Cabreras gli trafisse il cuore con un paletto, a conclusione di un processo sommario che tutti gli altri ufficiali ritennero “valido giuridicamente e legalmente”.

Il castello di Bran, dove venne ambientato il romanzo di Bram Stoker
Il castello di Bran, dove venne ambientato il romanzo di Bram Stoker

Dagli scritti di Calmet e Stoker nacquero dunque dei nuovi personaggi mitologici-folcloristici: i vampiri, o non-morti.
Ma quanto c’è di vero in quei racconti? Chi era Dracula? E perché è stato associato al vampirismo?

Sul cucuzzolo di una roccia vulcanica nera, nella Transilvania romena, due studiosi, Raymond McNally e Radu Florescu, scoprirono intorno al 1970 le rovine di Castel Dracul, il sinistro maniero del principe Dracula, figlio di Dracul, nato nel 1431 e morto nel 1476. In lingua valacca Dracula significa Drago e Diavolo, quindi non era il suo vero nome, ma una sorta di nome di battaglia. SI chiamava, in realtà, Vlad Tepes, che poi passerà alla storia come Vlad l’Impalatore.
La famiglia era formata da elementi poco raccomandabili quali Vlad il Piccolo Impalatore, Minhea il Cattivo e Minhea l’Apostata. Ma il peggiore fu, appunto, Vlad, o Dracula. La casa dove vide la luce è ancora in piedi, e reca in bella vista una targa che lo testimonia. Ma perché quella fama sinistra?
Politica, soltanto politica. Dracul (il padre di Dracula) era riuscito ad usurpare il trono della Valacchia a Alexander Aldea, probabilmente in modo sanguinoso, come spessissimo accade dalla notte dei tempi. Il suo compito, essendo un nobile cristiano, era quello di fare da baluardo come gli eserciti dei Turchi, ma egli preferì barcamenarsi tra i due poteri senza prendere posizione. Tuttavia tra nel 1444 il sultano gli richiese, come garanzia per la propria amicizia, di lasciargli in ostaggio il proprio figlio: un’usanza comune tra nobili e principi regnanti. Probabilmente la sua natura, già sanguinaria, peggiorò notevolmente alla corte dei Turchi, visto che dal 1448, anno in cui potè tornare in patria, lo troviamo come soldato dedito ad infliggere ogni sorta di supplizio a compatrioti e nemici.
I ritratti conservati sino a noi lo rappresentano come il classico uomo d’arme dei suoi tempi: capelli lunghi inanellati, sguardo fisso un po’ maniacale, baffoni e labbra sottili. I metodi che usava per uccidere erano molteplici e degni di De Sade: impalamento dall’alto o dal basso, mutilazioni, accecamenti, scotennamenti. Le poche fonti ci confermano però che era anche un guerriero valoroso e sprezzante della paura. Combatteva alla testa dei suoi e non si tirava mai indietro quando era il momento di attaccare. Era sanguinario ma leale e non ammazzava mai per il puro gusto di vedere soffrire. Le morti che infliggeva, anche quelle più dolorose e raccapriccianti, dovevano sempre servire come monito ai nemici e avvertimento per i possibili traditori. In più dobbiamo considerare che per mantenere il potere in quell’epoca e in quella terra di mezzo tra Cristiani e Turchi doveva per forza avere il pugno di ferro.

Proprio in una di quelle battaglie, nel 1476, Dracula venne ucciso: stava combattendo contro i Turchi presso Budapest. Fu sepolto nel monastero dell’isolotto di Snagov. Fin qui la fredda cronaca storica.
Poi inizia la leggenda. Si dice che egli sia subito risorto come un morto vivente, un vampiro, a caccia di sangue fresco per placare la sua sete. Secondo le tradizioni locali, solo dell’aglio poteva respingere i suoi assalti. Alcuni ritenevano che egli tornasse in vita solo di notte e poi all’alba tornasse nella sua bara. Altri erano sicuri che si potesse trasformare in un pipistrello. Altri ancora giuravano di averlo visto giacere con molte donne, anche nobili, e di essere sicuri che quelle donne avrebbero poi messo alla luce i suoi figli.
Comunque sia, leggenda o finzione, la sua fama era generalmente molto sinistra. Solo di rado veniva rappresentato come difensore della cristianità e quindi protettore della Fede. Ciò testimonia il fatto che egli Dracula abbia continuato sulla falsariga del padre a tenersi in equilibrio tra il Sacro Romano Impero e i Turchi, cercando sempre di rimanere a galla. La Valacchia, ricordiamolo, era uno staterello continuamente conteso tra lotte di potere interne ed esterne. Nella stessa epoca un certo Cesare Borgia avrebbe potuto benissimo essere accostato al sanguinario Dracula, ma non lo fu perché era cattolicissimo.

Bram Stoker in una foto giovanile
Bram Stoker in una foto giovanile

Quando entra nella letteratura, quel guerriero morto all’età di 45 anni diventa un vecchio “alto, dal viso rasato, a parte i lunghi baffi bianchi, vestito di nero dalla testa ai piedi, senza un solo puntino di colore in tutta la persona”. Bram Stoker lo descrive quindi come già anziano, e non si capisce onestamente il perché. Sebbene quaratacinque anni di allora fosse già una bella età, non si comprende proprio perché viene ritratto nel modo in cui tutti l’abbiamo conosciuto.
In più Stoker ci mette anche una vena fortissima di erotismo. Dracula diventa un personaggio completamente asservito all’eros, quasi da divenirne schiavo. Addirittura la sete di sangue e di sesso vengono messe sullo stesso piano. Contraddizione in termini perché, essendo un non-morto, non si capisce a cosa gli servano gli appetiti sessuali.
Da questa caratterizzazione deriva il film più famoso (e anche il primo), del 1921, di Murnau, “Nosferatu il vampiro”. La regia della pellicola diventata un simbolo del cinema, ha ulteriormente stravolto la realtà storica rendendo ancora di più falsa la rappresentazione di Dracula. Infatti la vedova di Stoker, vedendo che il personaggio inventato dal marito peggiorava sempre di più, fece causa a Murnau, vincendola. Tuttavia il regista tedesco vinse sugli schermi perché il suo divenne un capolavoro, capostipite di una serie di film, serie tv e opere letterarie che sembra non avere fine e che inevitabilmente si allontanano sempre di più dalla realtà storica.