Eamon de Valera
Eamon de Valera

La vera anima dell’indipendentismo irlandese, il braccio armato della lotta contro gli odiati Inglesi, che occupavano l’Irlanda come conquistatori e sfruttatori.

Era il 1919 quando a Dublino nacque l’Irish Republican Army, l’esercito repubblicano irlandese. Non era altro che la riorganizzazione di stampo militaresco di un corpo militare rivoluzionario, gli Irish Volunteers, che insieme al partito politico Sinn Fein faceva parte della Irish Republican Brotherhood (Fratellanza Repubblicana Irlandese) che dal 1858 lottava per un’Irlanda libera e sovrana.
Il nome Sinn Fein, in gaelico significa “noi soli”. Questo movimento libertario era stato fondato da un giornalista, Arthur Griffith, secondo il quale era impossibile combattere apertamente l’esercito britannico, nettamente più forte e numeroso della resistenza irlandese. Era necessario, al contrario, cercare una soluzione pacifica e “pilotata” che portasse all’indipendenza.
All’opposto del Sinn Fein c’era il partito dei Feniani (che prendevano il nome dal mitico re d’Irlanda Finn), un’organizzazione politica-terroristica fondata intorno alla metà dell’Ottocento negli Stati Uniti da un gruppo di irlandesi emigrati. I confratelli d’oltreoceano avevano installato un nucleo armato a Dublino, al quale vi provvedevano con donazioni e finanziamenti. Questo gruppetti organizzati (poco organizzati, all’inizio) assaltavano le caserme, le case e gli uffici pubblici degli inglesi. Ma erano azioni sporadiche, mal coordinate e spesso inutili. I Feniani compresero presto che dovevano creare un fronte unito di resistenza che coinvolgesse tutto il popolo irlandese.

Il 24 aprile del 1916 (lunedì dell’Angelo), in una piazza centrale di Dublino, il leader dell’IRB, Padraich Pearse, leggeva ad una piccola folla la Dichiarazione della Repubblica d’Irlanda annunciando la fine della costrizione inglese sull’isola. Nel frattempo, gli Irish Volunteers di James Connolly occupavano i punti chiave della capitale. Doveva essere il primo passo per portare alla sollevazione popolare. Non fu così. Gli Irlandesi ebbero paura, rimasero nelle proprie case e disertarono la chiamata alle armi.
I ribelli tennero duro per sei giorni prima di essere catturati dalla polizia di Sua Maestà. Pearse e Connolly, riconosciuti come i leader, vennero condannati a morte, mentre per gli altri rivoltosi bastò la prigione.

LA PRESA DI COSCIENZA

La rivoluzione fallita servì però per risvegliare, finalmente, le coscienze. Di fronte alla crudeltà delle esecuzioni e della detenzione nelle carceri, il popolo irlandese cominciò a svegliarsi. L’errore del governo inglese fu quello di aver calcato troppo la mano e con troppe persone. Se invece avesse seguito una linea più “dolce” gli Irlandesi non avrebbero reagito.
Nelle elezioni parlamentari del 1918 il Sinn Fein prese la maggioranza dei voti: solamente nelle sei contee del nord, nell’Ulster, protestanti e fedelissime agli Inglesi, la vittoria arrise al partito filo-britannico. Il premier eletto, Eamon de Valera, annunciò un referendum che avrebbe consentito al suo popolo di scegliere se mantenersi sotto l’egemonia inglese oppure divenire indipendente e sovrano della propria nazione.
Il premier britannico, Lloyd George, reagì con durezza. Il sentimento anti-irlandese covava nel Parlamento di Londra e sfociò in sentimenti razzisti verso quel popolo ritenuto da sempre inferiore, povero e buono solo a fornire carne da macello all’esercito di Sua Maestà. Ecco dunque che scattarono le manette anche per De Valera. La decisione, razionale in quel momento negli ambienti londinesi, era totalmente sbagliata dal punto di vista tattico. Gli irlandesi, infatti, vedevano in quelle elezioni la possibilità di poter scegliere da che parte stare. Molti di essi avevano nutrivano certamente sentimenti anti-britannici, ma altrettanto certamente temevano di “poter camminare con le loro gambe”. Non dimentichiamo infatti che il Commonwealth, a quel tempo, era comunque sempre un colosso internazionale senza eguali tra le democrazie mondiali.
Nel 1919, l’anno successivo, Michael Collins (che aveva partecipato alla rivoluzione fallita) riorganizzò gli Irish Volunteers in una forza militare nuova: l’IRA, l’Irish Republican Army. In brevissimo tempo egli riuscì a mettere in piedi un piccolo esercito di volontari totalmente a digiuno di cose militari, ma coraggiosi, scaltri e rapidi ad imparare. L’addestramento si svolse nell’assoluto segreto utilizzando mitragliatori Hotchkiss e Lewis, fucili Mauser, Mannlichers e Winchester, i Lee-Enfields in dotazione all’esercito britannico, oltre che bombe a mano e mine. Quest’armamentario era stato ottenuto dai molti furti compiuti negli arsenali militari dei nemici inglesi.
Il numero di volontari, inizialmente, si aggirava intorno ai quindicimila. I soldati vennero divisi in brigate, battaglioni e compagnie, proprio come un esercito vero. E proprio come un esercito vero aveva una tattica di guerriglia. Venivano effettuati dei raid “hit and run” (colpisci e fuggi), imboscate, attentati dinamitardi. Dal 1919 al 1921 saltarono in aria caserme, uffici pubblici, postazioni militari e tutto ciò che si ricollegava al potere britannico. La Pasqua del ’20, in particolare, rappresentò la prima, grande, vittoria dell’IRA, con 315 caserme della polizia distrutte.

LA REAZIONE

Il Regno Unito non si aspettava una esplosione di violenza così imponente, né un’organizzazione militare così profondamente radicata nella società irlandese. Sì, perché stavolta il popolo si schierò apertamente con quello che iniziava a considerare come il suo esercito: l’IRA. Molto velocemente, dal 1919 al 1921, i volontari aumentarono cospicuamente di numero e diedero il là ad una rivolta anche culturale tra tutti gli strati della popolazione irlandese, dal proletariato all’alta borghesia.
Il vicerè d’Irlanda, Lord French, comunicò a Londra che la forza totale dell’Irish Republican Army era di almeno centomila uomini. Cifra esagerata ma effettivamente percepita, perché quei volontari para-militari colpivano contemporaneamente innumerevoli postazioni con grandissima efficacia. Inoltre sottolineava che a comandarli c’erano dei capi esperti, ottimamente addestrati. E soprattutto che l’IRA era ben armata.
Non era tutto oro quel che luccicava. Le varie azioni di guerriglia spesso non facevano parte di un piano organico e organizzato dal quartier generale. Molto spesso erano frutto dell’iniziativa di gruppi sparsi qua e là nella nazione. Nonostante questa sommaria organizzazione, però, l’IRA aveva messo in crisi l’apparato militare britannico in tutta l’Irlanda (eccezion fatta per l’Ulster, la zona dei protestanti, dove la stragrande maggioranza della popolazione parteggiava per l’Inghilterra).

Il 3 maggio del 1920 il re, Giorgio V, fece un discorso dai toni concilianti che mirava ad un compromesso tra le due parti in lotta. Il parlamento irlandese venne informato che l’Inghilterra intendeva concedere una parziale libertà all’Irlanda, che sarebbe diventata un dominion inglese, mentre la parte dell’Ulster sarebbe rimasta totalmente dipendente da Londra. Lo status di dominion non garantiva piena indipendenza, ma il governo irlandese si disse comunque soddisfatto. Il trattato Anglo-Irlandese fu sottoscritto a Londra il 6 dicembre del 1921 e naturalmente l’IRA lo considerò un vero e proprio tradimento.

LA RIVOLUZIONE

Stavolta l’Irish Republican Army si mise davvero in assetto militare. Rory O’Connor e Collins diedero una nuova costituzione alla loro creatura: in essa si stabiliva che a guidarla sarebbe stati sedici persone, le quali a loro volta nominava un consiglio supremo dell’esercito formato da sette membri. Nella gerarchia seguivano poi i membri dello Stato Maggiore e i capi di divisione. Gli obiettivi erano: salvaguardare l’onore e l’indipendenza della repubblica irlandese, proteggere i diritti e le libertà del popolo d’Irlanda, mettersi a disposizione di un governo repubblicano che persegua tali principi.
L’esercito di volontari di Collins cominciò una vera e propria guerra civile senza esclusione dei colpi. Innumerevoli furono le vittime, nel corso dei decenni, di questa rivoluzione. Di contro, la popolazione irlandese, dopo il trattato con Londra, aveva assunto un atteggiamento più “morbido” verso gli Inglesi, che ora venivano tollerati e non odiati. Quindi l’IRA non veniva più vista come un esercito di liberazione, ma spesso era considerata un’inutile fonte di pericolo. Gli stessi vescovi irlandesi, che venivano molto ascoltati dalla maggioranza cattolica del paese, dissero che “l’IRA ha distrutto l’Irlanda da cima a fondo, bruciando e distruggendo beni di enorme valore appartenenti alla nazione, interrompendo strade, ponti, ferrovie e tentando di affamare il popolo con continui blocchi. L’IRA ha causato più danni all’Irlanda in pochi mesi che non la dominazione britannica in diecine di anni”. Giudizio senza dubbio ingeneroso, ma comprensibile perché proveniente dall’alto clero.
La storia dell’IRA diviene, da quel momento, una storia di guerriglia nascosta, di terrorismo contro il proprio stesso paese, anche dopo che l’Irlanda, nel 1949, abbandonò il Commonwealth.
Dal 1971, quando uccisero un soldato inglese nell’Ulster, continuò la sua battaglia nel nord Irlanda. Vuole unire davvero tutta l’isola. Nelle sue file cominciarono ad arrivare anche trotzkisti, maoisti, socialisti. La lotta divenne non più incentrata sulla repubblica d’Irlanda, ma si ridusse a lotta ideologica contro un nemico ormai teorico, astratto.

Coloro che vogliono entrarvi a far parte debbono sostenere un periodo di addestramento durissimo, ma durante il quale se scoprono di non essere adatti possono scegliere liberamente di andarsene. Tuttavia se restano compiono un giuramento di sangue di combattere “con onore e lealtà verso i loro compagni d’armi”. Questo giuramento li lega all’IRA per la vita: se lo tradiscono, per loro sarà la morte. Se verranno arrestati dovranno morire piuttosto che rivelare i nascondigli e i nomi dei membri dell’IRA.
La dotazione militare dell’esercito va da armi di produzione americane, russe, cinesi, sino ad armi di produzione propria, uscite dalle proprie fabbriche ubicate in luoghi inaccessibili dell’Irlanda più rurale.
“Le nostre operazioni le compiamo la sera, quando le strade sono deserte, perché non vogliamo coinvolgere i civili” dicono i membri dell’IRA.

Molti irlandesi ritengono che la vita dell’IRA si fermi al 1922, cioè sino al raggiungimento dello scopo di staccarsi dall’egemonia inglese. Poi comincia un’altra vita per l’Irish Republican Party. Nei loro ranghi entrano intellettuali di matrice socialista, come abbiamo detto poc’anzi. E la lotta armata diviene spesso anche ideologica, politica. Le lacerazioni interne si moltiplicano. Ma l’anima “irish” rimane comunque anche nel nuovo millennio, l’anima radicata nella Dublino di James Joyce, l’anima che incarna le aspirazioni delle zone rimaste rurali e decentrate. E davvero l’IRA compie le sue operazioni alla sera, quando le strade d’Irlanda sono deserte. Anche perché, in Irlanda, le strade non sono mai deserte.