Dio dei Raccolti! A Te, il cui sole
ha reso maturo il biondo grano,
diamo la nostra benedizione per le Tue messi copiose,
per il boccale di Abbondanza che trabocca,
per l’alba e per la pioggia.
L’anno ride a crepapelle con la gioia di un fanciullo,
e la sua risata echeggia
come un inno mielato attraverso le foreste,
addolcito dalle solitudini
racchiuse nei suoi lucidi venti.
Le nostre voci all’unisono si mescolano
giorno dopo giorno, instancabilmente;
sicuri che il sole sorgerà al mattino,
o che il crepuscolo nascerà dalla sera,
la nostra canzone s’innalza sino a Te.
Ovunque i boschi variopinti,
vestiti di tutto lo splendore dell’autunno,
donano i loro colori d’oro e di porpora
alle lontane colline e ai più alti cieli
lungo il crinale cremisi dell’occidente:
attraverso la pianura immota e immensa,
accanto al fiume che mormora e alla vasta laguna,
sulle cime ombrose e nelle valli soleggiate,
ovunque aleggia la balsamica brezza,
o risplende la luna d’autunno:
dai mari interni del biondo grano,
dove la piacevole Fatica, benedizione del cielo,
con mani operose e falce ben affilata,
e con i cori le musiche ritmate,
rivela la sua altera criniera:
dai campi di trifoglio e dai pascoli selvaggi,
dove si muove il carico riccamente gravato di merci
verso granai ben forniti del grano appena mietuto,
o dove il falcetto al mattino presto
spiana i campi di grano maturo:
dai prati e dai pascoli sulle colline,
nelle profondità più recondite delle valli,
insieme ai buoi ed agli armenti dal soffio delicato
delle celebri poesie di Ayr o di Devon,
e con il pastore che controlla i suoi greggi:
gli spiriti dell’anno dorato,
dalle grotte di cristallo e dalle cave più oscure,
dalle foreste più buie e dalla brughiera più fitta,
parlano miriadi di lingue, con una sola unica armonia,
e fanno risuonare il loro inno per i raccolti.