Dipinto notturno della Morte

Dipinto notturno della Morte

Accanto alla luce incerta della triste candela
non sprecherò più la notte insonne,
assorto in infinite visioni per studiare attentamente
i filosofi scolastici ed i sapienti:
i loro libri s’allontanano di molto dalla saggezza,
o nella migliore delle ipotesi indicano la strada più lunga.
Io cercherò invece un sentiero più diretto, andrò
laddove la saggezza viene davvero insegnata.

Quanto è scuro quell’azzurro che colora il cielo,
laddove dormono infiniti globi dorati,
mentre tra le loro schiere in argenteo vanto
sembra brillare ancor di più la falce di luna!
La dormiente brezza dimentica di soffiare,
il lago è immoto e limpido sotto di lei,
dove ancora una volta lo spettacolo di luci
discende per incontrare il nostro sguardo.
Le terre che guardano ad occidente
si ritirano dalla vista nell’oscurità:
ad oriente si presenta un luogo di tombe,
le cui pietre vengono bagnate dall’acqua silente.
Quel campanile guida la tua vista incerta,
in mezzo ai lividi bagliori della notte.
Passa da quella parte, melanconicamente,
accanto a tutti i solenni cumuli del destino,
e pensa, siccome stai camminando con delicata tristezza
sui venerabili morti,
“ci fu un tempo, in cui essi possedettero la vita proprio come te,
e ci sarà un tempo, in cui sarai tu a riposare”.

Quelle tombe, avvolte da flessuosi vinchi,
che senza nome sollevano il tumulo sgretolato,
sin dalla prima veloce occhiata svelano
dove riposano il Lavoro e la Miseria.

Le piatte pietre levigate che portano un nome,
esiguo soccorso dello scalpello alla fama,
vengono sempre rovinate dai nostri amici,
poiché i loro frequenti passi contribuiscono a logorare,
quella razza intermedia di mortali,
uomini poco ambiziosi, e tutti sconosciuti.

Le tombe di marmo che si elevano verso l’alto,
i cui morti giacciono tra le arcate dai soffitti a volta,
le cui colonne si gonfiano di pietre scolpite,
di armi, angeli, epitaffi, e ossa; -
queste cose (tutte le povere vestigia del proprio ceto)
adornano il ricco, o lodano il grande;
coloro che sulla terra vissero nella grandezza
adesso rimangono indifferenti alla loro stessa fama.

Ah! Mentre guardo, scolorisce la pallida Cinzia,
la terra traboccante rivela le ombre!
Lenti, pallidi, e avvolti dai sudari,
i morti si alzano in calche visionarie,
e tutti piangono con voce sommessa,
“pensa, mortale, che cosa vuol dire morire”!

Ora da quel nero e funereo tasso,
che inonda di rugiada l’ossario,
mi sembra di udire una voce iniziare a parlare;
(e voi corvi, interrompete il vostro gracchiante strepito,
e voi orologi rintoccanti, nessun tempo risuona
sul grande lago e sulla terra di mezzanotte!)
questa manda uno fragore di cupi gemiti,
così parlando in mezzo alle ossa:

“quando gli uomini soddisfano la mia falce ed i miei dardi,
che grande re del terrore io divento!
Tutti mi vedono come l’ultima delle cose:
tutti temono le mie punture.
Sciocchi! Se foste meno atterriti dalle vostre stesse paure,
io non apparirei più come una forma spettrale,
poiché la Morte non è altro che un sentiero da percorrere,
se ognuno di voi vuole arrivare a Dio:
un porto sicuro, un tranquillo stato d’animo
lontano dall’aspra furia di mari in tempesta.

Perché, allora, le tue fluenti stole di zibellino,
i pendenti cipressi, le bandiere a lutto,
gli ampi veli che cadono di traverso suoi tuoi vestiti,
i lunghi drappi funebri, i carri trainati cavalli coperti da bande,
perché le piume nere, che, al loro cammino,
accennano sugli scudi del morto?

Il corpo che parte non si accorge,
né la sua anima vuole queste forme di dolore:
come gli uomini che dimorano per lungo tempo in prigione,
con le lampade che rilucono nella cella,
quando i loro anni di sofferenza finiscono,
scattano fuori per salutare il sole splendente:
una tale gioia, sebbene di molto amplificata dai sensi,
provano le anime devote al momento della dipartita.
Sulla terra, imprigionate nei loro corpi,
sprecano pochi e malvagi anni:
ma quando si liberano delle catene,
puoi finalmente vedere la loro gioia,
sbattono le ali felici e s’innalzano al cielo,
mescolandosi con lo splendore del giorno”!

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