Quanto è strano accogliere, in questa mattina gelida,
graziosamente simili ai fiori,
questi figli dei prati, venuti alla vita
dall’alba e dalla pioggia!
Quanto coscienziosamente la foresta conserva
le immagini di questa casa cosparsa di fiori,
le luci e le ombre, le tinte violacee,
e i colori dorati della fioritura!
E’un così delizioso pensiero portare
al ghiaccio ed alla brina di questa cupa stagione
la memoria colorata della primavera,
questo sogno di tempo d’estate.
I nostri cuori diventano più leggeri,
la nostra età dell’immaginazione rinnova la sua giovinezza,
e fantasie ormai offuscate nel tempo prendono
le sembianze della realtà attuale.
Un mago di Merrimac, -
così narra una antica leggenda dei nostri antenati,
era in grado di evocare le foglie e i fiori
sugli steli e sui rami gelati.
I tronchi secchi del cottage,
al suo tocco, si rivestivano del fogliame,
la rondine avvinta dall’argilla, al suo richiamo,
giocava intorno ai cornicioni ghiacciati.
Il colono vide il suo falcetto di quercia
germogliare, e fiorire davanti ai suoi occhi;
dagli stagni ghiacciati osservò i pallidi,
dolci gigli d’estate nascere.
Verso le loro antiche dimore, profanate dagli uomini,
tornavano le tristi driadi, da lungo tempo in esilio,
e con le loro lingue fronzute si lamentavano
dell’usurpazione delle proprie case.
Il piatto di faggio cominciò a mettere germogli,
il tegamino si vestì del suo antico verde,
la culla dove dormiva il fanciullino
divenne un paravento frondoso.
Per caso ho incontrato il nostro gentile amico,
mentre vagava nella foresta,
alla ricerca dei suoi luoghi d’origine,
il nostro Druido dell’Ovest;
e, mentre la rugiada sulle foglie e sui fiori
luccicava alla cristallina ed immota luce della luna,
imparai il potere della magia di quello stregone crepuscolare,
appresi tutti i suoi trucchi e tutte le sue abilità.
Sia il benvenuto, nuovo o antico,
il regalo che rende il giorno più raggiante
e lo colora, sopra la terra gelida
e avvinta nell’oscurità, di calore e luce.
Senza di lui non c’è verde né oro;
grazie a lui, i ceppi di betulla cantano per gli uccelli;
noi, come d’estate, sediamo tra
l’autunno e la primavera.
Uno, con il roseo rossore nuziale,
ed il respiro più dolce del silvestre balsamo,
ed una che dischiude le sue labbra muliebri
in sorrisi di tranquillità sacrale.
Ricopri tutto con la tua leggerezza, neve d’inverno!
I querceti e le dolci azalee,
nascondi gli argini del fiume dove sospirano le rose,
dove rintoccano le campane del cielo!
Ricopri i petali dell’ambrata violetta,
il purpureo astero che cresce lungo il ruscello,
sorveglia tutti i fiori a cui la sua matita dona
una vita oltre alla loro fioritura.
Così lei, quando la primavera tornerà,
sui verdeggianti pendii e sulle acque mormoranti
potrà passeggiare, cercando, non invano,
i suoi tesori nella foresta.
1855.