Al Sonno

Al Sonno

1 Tu forza silente, il cui benvenuto governo
addolcisce tutti i gravosi pensieri;
affogati nel tuo divino oblio,
tutte le dolenti pene ed i compiti più faticosi divengono leggeri,
l’amore è distratto da sguardi più affascinanti,
e l’angoscia dimentica la sua piaga che amorevolmente nutriva;
oh, verso quale luogo sei volata, indulgente divinità?
Dio dalle ombre gentili e dalle rugiade ristoratrici,
chi hai accarezzato con la tua verga Leterea?
Intorno a quali templi si diffondono ora le tue arie intrise d’oppio?

2 Ecco, la Mezzanotte dal suo regno stellato
guarda in basso verso la terra e gli oceani.
Gli armoniosi uccelli riposano nel silenzio,
con tutti i raccolti più prosperosi,
con tutta la schiuma del flusso cristallino,
o infestano le caverne delle rupi scoscese.
Nessun forte vento disturba i pergolati ornati da ciocche d’erba;
la luna di mezzanotte nella valle non conosce suoni insonni,
eccetto là dove il ruscello sgorga il suo liquido mormorio,
e culla il vibrante paesaggio nella pace più profonda.

3 Oh, non lasciare che mi disperi da solo,
che da solo invochi invano il tuo potere!
Discendi, propizio, sui miei occhi;
non da un giaciglio che sostiene una corona,
non dal letto dei raffinati uomini di stato,
né laddove giacciono lo spilorcio con tutti i suoi tesori:
non prendere le forme di ciò che rompe il sonno dell’assassino,
né quelle che il mercenario ama vedere,
e neppure quelle che inquinano il cuore fosco del bigotto:
lontane da me quelle notti colpevoli, lontani da me i loro sogni!

4 Tuttavia non si presentino in quelle terribili forme
solo per i generali e per gli eroi:
l’ottone decorato, la canzone corale,
il lieto plauso della popolazione rassicurata,
il senato in attento ascolto, e le leggi
stabilite dai consigli della lingua di Timoleonte,
sono palcoscenici troppo grandiosi per le rotte del fato;
e sebbene esse risplendano nell’ingenua veduta dei giovani,
le sobrie remunerative arti dei giorni moderni
a tali pensieri romantici hanno già detto addio.

5 Io dunque non ti chiedo, dio dei sogni, la tua protezione
per bandire i bellissimi presentimenti d’amore:
né la rosea guancia né l’occhio rilucente
possono armarlo di un comando così importante
che la fatale mano della giovane maga
riesca ad avviluppare la mia anima con i suoi piacevoli legami.
Non tuttavia la speranza del cortigiano, il concedente sorriso
(un fantasma più lieve, una catena più vile)
alletta nel sonno la mia volgare lira
per conferire lo sfarzo dei troni alla sua melodia mal accordata.

6 Ma, Morfeo, sulla tua balsamica ala
porti tali onorevoli visioni,
lusingato dall’età del grande Milton,
quando nei suoi sogni profetici egli vedeva
la futura razza con pio timore
assimilare ogni virtù dalla sua pagina paradisiaca:
o come se sapesse che la benigna fantasia dell’Idromele
con i suoi tesori, con le sue arti esplorate,
hanno salvato il bambino dalle disgrazie dell’orfanilità,
o le speranze della sua età hanno ristorato grazie al sovrano.

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