Pio IX
Pio IX

Una speranza, quindi, per i patrioti risorgimentali che a metà del 1800 stavano cercando di dare vita ad un’Italia libera da tutti i potentati stranieri. Il suo nome, inserito tra i “papabili” del conclave del 1846, destava nei cuori di coloro che credevano in un pontefice amico degli spiriti patriottici italiani una nuova speranza. Al contrario, invece, del suo rivale, il segretario di stato papale, Luigi Lambruschini, ritenuto un intransigente conservatore. Vediamo come e perché Ferretti incarnava lo spirito del Risorgimento e se davvero si rivelò fedele alle attese.

Nacque a Senigallia, vicino ad Ancona, in un territorio appartenente agli Stati Pontifici, il 13 maggio del 1792. La sua famiglia era nobile, anche se di quella nobiltà di provincia retrograda, attaccata al passato e non molto ricca. La sua adolescenza fu difficile, tormentata da una lieve epilessia. La gioventù, invece, scapigliata: solo nel 1816 prese i voti e neppure troppo volentieri.
Prima partì per una missione in Cile (dal 1823 al 1825), poi venne nominato arcivescovo di Spoleto e quindi vescovo di Imola. A solo 54 anni eccolo candidato al soglio pontificio per il conclave, attesissimo, del 1846. In quell’anno le aspirazioni dei liberali cattolici sembravano finalmente uscire allo scoperto: l’idea di un’Italia unita e libera sembrava davvero conciliarsi con la religione cattolica. In breve: sembrava che il pontefice sembrava dovesse rappresentare l’illusione neoguelfa.
E in effetti il nuovo papa, che prese il nome di Pio IX, aprì il suo pontificato con una bella amnistia. Le speranze furono, quindi, subito alimentate. Le successive riforme furono molto più blande e talvolta contraddittorie di quanto ci si aspettasse, ma comunque non sopirono gli entusiasmi dei liberali.
Il 15 marzo 1847 concesse una pur modesta libertà di stampa. Il 24 ottobre (sempre del 1847) istituì una consulta di Stato che comprendeva anche parecchi liberali quali Ludovico Gualterio, Giuseppe Pasolini e Marco Minghetti. Successivamente creò anche una specie di consiglio dei ministri formato solo da ecclesiastici. Effettivamente, visti i precedenti papi, Pio IX poteva davvero passare per rivoluzionario, soprattutto in merito alla libertà di stampa, che nella Roma papalina era sempre considerata una diavoleria.
Vincenzo Gioberti in particolare vedeva nel Ferretti il punto di riferimento di una coalizione cattolica-liberale italiana. E Pio IX, nel suo discorso del 10 febbraio 1848, contribuì in questa illusione affermando a gran voce: “Benedite, gran Dio, l’Italia”. Era una frase certamente voluta e studiata: l’uomo, oltre che carismatico, era anche un “piacione”, voleva farsi voler bene. E quale miglior modo per piacere ai liberali se non accarezzarne il sogno? In realtà, il primo a sperare in un’Italia divisa era proprio lui. Però la frase fece epoca e tutti i patrioti italiani andarono in brodo di giuggiole.

Il 1848 iniziato all’insegna della speranza, si spense nella disillusione. L’enciclica del 29 aprile, conforme alla logica del magistero cattolico incompatibile con qualsiasi forma di nazionalismo, raffreddò gli animi dei patrioti. La decisione, poi, di non partecipare alla guerra d’indipendenza promossa dal Piemonte contro l’Austria, chiarì tutto definitivamente. Pio IX si era reso conto di aver tirato troppo la corda e cercava in ogni modo di tornare sui suoi passi. Nominò quindi Pellegrino Rossi come presidente del Consiglio, un federalista convinto. Cosa significava quella nomina? Semplice: Rossi, essendo appunto un federalista, cercava di realizzare il progetto di una Lega Doganale tra gli stati italiani. Questo progetto, si badi bene, non voleva l’unità dell’Italia: l’esatto contrario. Si voleva solamente realizzare un’unità economica e commerciale abbattendo solo le barriere doganali, ma sempre mantenendo la sovranità di ogni singolo stato preunitario. L’idea era nata qualche anno prima ma fu Pio IX a sponsorizzarla in modo molto forte.
Dunque, Rossi venne visto dai patrioti come un traditore e così tacciato sin dall’inizio del suo mandato. L’atmosfera, all’interno di Roma, si scaldò in fretta. Il 15 novembre, giorno della riapertura del parlamento, venne assassinato da un gruppo di rivoltosi guidati da Ciceruacchio. In breve la situazione precipitò: i rivoluzionari chiedevano un nuovo governo di marca liberale, cosa che naturalmente il pontefice non aveva alcuna intenzione di accettare. Ricordiamo, infatti, che la potenza protettrice del papato era l’Austria, con la quale, in teoria e anche in pratica, gli Italiani erano in guerra aperta.
Quindi Pio IX decise di abbandonare Roma al suo destino. Effimero, si capisce: la Repubblica Romana durerà diciassette mesi, terminati i quali il papa si riprenderà il potere in modo molto diverso da prima. Anzitutto abrogò la Costituzione, poi si mise in aperta contrapposizione con il Piemonte, che dal canto suo reagì con una politica fortemente anticlericale (sfociata con l’abolizione del foro ecclesiastico della legge Siccardi).

Nel 1859, alla vigilia della nuova guerra, Pio IX era cambiato moltissimo rispetto all’inizio della sua carriera sul soglio. Era diventato un conservatore oltranzista, un difensore dei privilegi della Chiesa contro le aspirazioni liberali e un convinto avversario dei Savoia. Anche la condanna verso le società segrete fu fortissima con le allocuzioni Multiplices inter machinationes (1865) e Iamdum Cernimus.
Questo atteggiamento intransigente venne favorito anche dalla ribellione di Perugia, datata 14 giugno 1859, soffocata nel sangue dai soldati pontifici senza risparmiare né donne né bambini.
Partendo dalla condanna al liberalismo, il papa condannava anche le teorie razionaliste, naturaliste, panteiste, socialiste. Le considerava come prodotti della morale laica, quindi come “pestilenze”. Tutte queste idee vennero riassunte nel Sillabo, pubblicato ‘8 dicembre del 1864: quindi con un’Italia già ufficialmente unita sotto i Savoia.
I Gesuiti ripresero il potere che avevano perso negli anni precedenti bollando Mazzini come “comunista” e Cavour come “socialista camuffato”. A Roma si riprese a chiudersi a riccio intorno al proprio pontefice. Il Risorgimento veniva sentito come “un’oppressione morale, civile e religiosa” (parole proprio di Pio IX), in tal modo chiudendo definitivamente con il proprio passato da “neoguelfo”. La questione romana del decennio 1860-1870 aggravò ancora di più questo attrito tra Stato e Chiesa, destinato poi a protrarsi ancora per almeno altri trent’anni.

Anche negli ultimi anni Pio IX rimase fermo nelle sue idee. Anzi, le radicalizzò nel divieto assoluto (il famoso non expedit) di partecipare alle elezioni dello stato italiano.