Lawrence d'Arabia
Figlio di un baronetto irlandese, nato in Galles nel 1888, divenne una leggenda: il mito dell’anglosassone dagli occhi azzurri che scuote l’Arabia a dorso di un cammello, spia implacabile cui Sua Maestà deve parte della vittoria della Prima Guerra Mondiale. Semplicemente, il “Napoleone d’Arabia”.
Ma fu vero splendore? Oppure la verità contenuta nella sua autobiografia, “I sette pilastri della saggezza”, è solo un bellissimo romanzo di cui egli si inventò protagonista? Fu un mitomane o un abilissimo servitore dell’Inghilterra? Fu un grande attore della sua vita oppure un vero personaggio degno di un posto di rilievo dentro alla Storia?
GLI INIZI
Nel 1916 le sorti del primo conflitto mondiale in Medio Oriente sono stagnanti per la Gran Bretagna. L’Impero Ottomano, il “gigante dai piedi d’argilla”, controbatte colpo su colpo agli attacchi inglesi e mantiene le sue posizioni. I Tedeschi, che finanziarono gli Ottomani sin dall’inizio del Novecento, contavano sulla loro resistenza per fiaccare gli stati dell’Intesa.
Nella primavera di quell’anno Thomas Edward Lawrence era un semplice capitano con il poco onorevole compito di tenere aggiornate le cartine geografiche: in pratica doveva mettere delle bandierine sui plastici dello Stato Maggiore inglese. Faceva parte, almeno formalmente, dell’Ufficio Informazioni del generale Murray, in pratica lo spionaggio inglese in Medio Oriente, ma contava poco più di zero.
Ad aprile (del ’16) le truppe inglesi del generale Townshend erano bloccate in Mesopotamia a Kut el Amara dopo la sconfitta subita a Ctesifonte. Una situazione intricata nella quale Lawrence si infilò intuendo che avrebbe potuto, con un colpo di mano, cambiare la sua carriera militare. Gli ufficiali inglesi non avevano idea di come sbloccare quelle armate. Di rinforzi, non ne se ne parlava. In più le forze ottomane cominciavano a prendere dimestichezza con le nuove armi fornite dai Tedeschi. In inferiorità numerica e in grave svantaggio tattico, la Gran Bretagna doveva uscire in quel momento dall’empasse, non c’era attimo da perdere.
Lawrence, che come abbiamo detto contava pochissimo, sfruttò l’indecisione dei suoi capi per suggerire la sua idea: corrompere il generale ottomano Khalil Pascià, che assediava Kut el Amara, con un milione di sterline. In tal modo Townshend e le sue truppe sarebbero stati liberati.
Molti ufficiali non erano d’accordo: innanzitutto, per l’umiliazione di scendere a questi giochetti con gli Ottomani, considerati razza inferiore. E poi perché, logisticamente, non si sapeva in che modo muoversi.
Nessun problema, assicurò Lawrence. Lui conosceva a menadito la mentalità ottomana ed era sicuro di poter corrompere Khalil. Non era vero niente, stava solo giocando la sua unica carta per poter far carriera. Però riuscì a convincere talmente bene i suoi capi che ottenne la missione.
Partì per Bassora, raggiunse il campo ottomano e ottenne di parlare con Khalil, il quale però gli rise in faccia: l’offerta di Lawrence si rivelò poco soddisfacente (eufemismo). Nulla servì il rilancio da un milione di sterline a due milioni. Un fallimento.
E qui ecco il colpo di coda di Lawrence. Per coprire la sua disfatta si inventò che la corruzione di Khalil era solo il pretesto per andare a Bassora e per iniziare da lì “una fiammata di rivolta” che travolgesse l’Impero Ottomano. Tale rivolta avrebbe permesso alla Gran Bretagna di vincere la guerra in Medio Oriente con perdite contenute e spese limitate.
Effettivamente a Bassora qualche contatto ce l’aveva, oppure l’aveva ottenuto con denaro sonante. Però si trattava di roba piccola, praticamente inutile. Aveva preso accordo con una dozzina di capi rivoluzionari locali, ma questi non erano riusciti a sobillare le loro tribù. Così andò incontro al suo secondo fallimento su due tentativi. Scrisse ai suoi capi una lettera nella quale, invece di ammettere la sua disfatta, addossava tutte le colpe sull’incapacità dei “militari”, che avrebbero potuto rifornire Townshend dall’alto con soli otto aeroplani. Quindi, la colpa non era sua ma dei “militari”, come lui li denominò senza specificare chi fossero.
Siccome Lawrence aveva anche una bella fortuna, proprio in quel momento, il 10 maggio 1916, sir McMahon e l’ammiraglio Wemyss riuscirono a far sbarcare un battaglione anglo-egiziano che conquistò il tratto di costiera araba da Aden a Rabegh. Quindi questo successo coprì, in parte, la sua missione fallita.
LA VOLPE
Tuttavia, quando Lawrence tornò al Cairo, al quartier generale, trovò che il Servizio Informazioni ne aveva abbastanza di lui e delle sue parole inutili. Fedele al vecchio adagio britannico “quando vi licenziano, occorre dimettersi”, decise di maneggiare per farsi trasferire all’Arab Bureau, un altro dipartimento dello spionaggio britannico. In pratica, cerca di stare a galla.
Nel mentre che la sua richiesta veniva esaminata, si prese una vacanza di una settimana insieme a sir Ronald Storr a Gedda. Senza incarichi ufficiali, naturalmente. Scrisse sulle sue memorie che “era andato a passare in rassegna gli uomini eminenti d’Arabia”, cioè Hussein (il governatore ottomano della Mecca) e i suoi quattro figli, Abdullah, Alì, Zeid, Feisal. Siccome era un gran imbonitore, riuscì ad entrare nelle loro grazie, in particolare in quelle di Feisal. Tornato da vincitore in Egitto, sostenne di aver in mano la rivolta araba che avrebbe infiammato l’Impero Ottomano e lasciato mano libera agli Inglesi. Mandò quindi un rapporto a Londra nel quale spiegava tutte le sue idee per vincere la guerra a quel modo. Ricordiamolo ancora: Lawrence era stato silurato e in quel momento non aveva alcuna posizione all’interno dell’intelligence britannica.
C’è da fare una piccola digressione. L’elemento arabo, nello scacchiere medio-orientale, era già in fermento da tempo, ma stava cercando il suo condottiero. Gli serviva solamente una scintilla. Come e in che modo Lawrence riuscì a darla, non si sa e forse non si saprà mai. I suoi detrattori sostengono che fu solamente una pedina senza potere nelle mani degli Arabi vogliosi di rivincita. Altri, invece, parlano di un suo decisivo coinvolgimento nelle operazioni della penisola araba. Alcuni si spingono più in là, fino a portarlo agli allori come il direttore della rivolta araba.
Se analizziamo la vicenda lucidamente, cent’anni dopo, capiamo che i moti rivoluzionari covavano già da parecchi decenni, ma sino alla Prima Guerra Mondiale erano stati sopiti dal regime poliziesco dell’Impero Ottomano. Lawrence fu bravissimo a capire quale poteva essere il capo giusto per comandare quella rivolta, e puntò deciso su di lui. Altro elemento importante della sua strategia era la pazienza. Doveva dimostrare che quella rivolta poteva riuscire: bene, doveva dimostrare di riuscire a prendere un grande avamposto. Il primo e decisivo obiettivo fu scelto in Akaba. Se fosse caduta, la rivolta sarebbe scoppiata “come una febbre, un gas prodigioso”.
E Akaba, infatti, cadde grazie all’assalto dei cinquecento beduini corrotti da Lawrence e comandati dal generale Auda, della tribù degli Howeitat. La conquista non fu così romanzesca come la fece passare Lawrence, ma fu comunque importante per il morale dei soldati arabi.
L’azione gli valse la Victoria Cross e soprattutto la stima delle tribù arabe. Da quel giorno la sua attività di guerrigliero si amplifica. Il 5 novembre del 1917 attaccò il grande ponte metallico dello Yarmuk con le sue truppe (che ormai seguivano solo lui come capotribù) insieme ad alcuni autoblindo inglesi utilizzando mine elettriche preparate, innescate e perfezionate dagli artificieri britannici. Altre interessanti azioni di guerriglia le compì distruggendo tratti ferroviari e strade, rendendo quindi difficili le comunicazioni per gli Ottomani.
La cinematografia esasperò queste imprese facendone dei veri e propri miti, ma effettivamente, in uno scacchiere bloccato come quello medio-orientale, furono importantissime. Più di tutto fu importante e decisivo il fatto di aver incanalato l’elemento arabo contro l’Impero Ottomano: serviva solamente una scintilla, e Lawrence ebbe il merito di accenderla. Certamente, con il denaro britannico: ma non c’era altra maniera.