La fortezza di La Rochelle
La Rochelle era, precisamente, calvinista: nella città, ricchissima, convivevano alla perfezione nobili, borghesi e popolo. Esasperata dalla politica fiscale rapace del sovrano francese, la roccaforte degli Ugonotti era alleata con l’Inghilterra protestante già dal 1224 e per un periodo era anche stata conquistata dagli Inglesi a partire dal 1360.
Quella testa di ponte nemica in Aquitania, sulle sponde dell’Atlantico, era un pericolo per tutta la Francia: bisognava riprenderla a tutti i costi.
L’uomo che più di tutti voleva quella città era il cardinale Richelieu, il famosissimo ecclesiastico che faceva e disfaceva a corte. Lui aveva una sola idea fissa: “Distruggere quel baluardo del calvinismo, pericoloso lievito a cui si andavano mescolando fermenti di ribellione civile e di guerra con altri Paesi”. Il re, Luigi XIII, sapeva che quella città sarebbe stata difficilissima da espugnare, ma bisognava comunque tentare.
La crisi che condusse alla guerra tra Francia e Inghilterra e quindi al celebre assedio di cui parliamo qui, esplose nella primavera del 1627. L’Inghilterra lanciò il primo sasso dichiarando che si assumeva la protezione e la difesa dei protestanti di Francia, arroccati appunto a La Rochelle. Questa provocazione doveva sortire un effetto nei Francesi, che infatti reagirono dichiarando che quella roccaforte era francese e non avrebbero tollerato alcuna intrusione, né politica né militare né religiosa.
Per tutta risposta l’Inghilterra mandò una flotta di cento navi per conquistarla. Guidata da George Villiers, duca di Buckingham, giunse alla vista di La Rochelle il 10 luglio. La città sorgeva (e sorge tuttora) nel fondo di un’insenatura profonda circa due chilometri in un tratto di costa dove si alternano basse distese paludose e rocce calcaree a strapiombo sul mare; qui le isole di Rè e di Oleron proteggono la roccaforte da ovest e da sud. La Francia manteneva su queste due isole una forte guarnigione acquartierata nel forte di Saint Maurice: serviva come “cane da guardia” per i Roccellesi. Proprio quel forte doveva essere conquistato dagl’Inglesi, che infatti sferrarono il loro attacco proprio lì. La previsione di Buckingham era quella di prendere Saint Maurice in poche settimane, ma l’assedio si prolungò per tutta l’estate: ad autunno inoltrato gli Inglesi erano ancora fermi e dovevano subire le prime piogge autunnali, che in quella parte di Francia equivalevano ai violenti acquazzoni atlantici. La resistenza del forte era comandata dal cardinale Richelieu, il quale aveva avuto un’educazione militare quand’era giovane, ma più ancora si dimostrava in grado di motivare i suoi uomini. Organizzava i depositi, sceglieva dove mettere i cannoni, parlava ai suoi uomini, scelse i capitani e i generali.
Essendo difficile da prendere, Buckingham chiese alla madrepatria dei rinforzi, ma non li ottenne. Al 5 novembre i Francesi facevano sbarcare altri rincalzi, che subito attaccarono gli Inglesi lasciandone sul campo più di duemila. Nel fango della battaglia il duca fu l’ultimo ad andarsene, spada in pugno. Saint Maurice, contrariamente alle sue previsioni, aveva resistito.
Rimasta sola contro le motivatissime truppe francesi comandate da Richelieu, La Rochelle tremò. Tuttavia, in modo molto arrogante, rifiutò ogni trattativa con gli assedianti e decise di resistere fino all’ultimo uomo.
Non sarebbe stata impresa facile. Le fortificazioni della roccaforte erano formidabili e la flotta francese poteva poco in quella situazione. Senza il dominio del mare, La Rochelle era quasi imprendibile. In più bisognava considerare che da un momento all’altro le navi britanniche sarebbe di nuovo piombate su quelle francesi per vendicare la sconfitta subìta.
Ma soprattutto nessun francese di scordava di cosa era successo cinquant’anni prima, nel 1573. Cercando la “soluzione finale” al problema ugonotto, re Carlo IX aveva mandato a La Rochelle il duca d’Angiò per conquistarla. Appena giunti in loco, i soldati seppero che da Londra stava arrivando una flotta in aiuto della città assediata. Si diceva che fosse formata da cinquanta navi da guerra e da altre venti di rinforzo, comandate dal conte di Montgomery, che all’epoca era uno dei maggiori capitani di vascello del mondo.
Infatti la flotta arrivò, ma Montgomery preferì risparmiare munizioni e soldati e non attaccare la flotta nemica. Era sicuro che alla città assediata non sarebbero mancati i rifornimenti, che puntualmente arrivarono. I Francesi si trovarono così tra la flotta inglese e gli assediati di La Rochelle, i quali spesso effettuavano delle sortite mortifere per gli assedianti.
Il duca d’Angiò, dopo alcune settimane, decise di ritirarsi e darla vinta ai Roccellesi, i quali ottennero di poter esercitare il proprio culto fino alle città vicine, tra cui Nimes e Montauban.
George Villiers, duca di Buckingham
Richelieu era consapevole che un nuovo fallimento avrebbe segnato la sua sorte personale. A sua disposizione c’erano 30.000 soldati, non tantissimi, ma soprattutto sapeva di essere vulnerabile nel momento in cui sarebbero tornate le navi inglesi. Così progettò di isolare la città con il sistema più efficace e nel contempo più semplice: un muro. Il 30 novembre schiere di operai e genieri cominciarono a costruire una linea fortificata di circonvallazione che chiudesse La Rochelle dal mare e dalla terra: costo totale 40 milioni di franchi, cifra enorme per l’epoca. Autori della costruzione: l’architetto Metezeau e il capomastro Thiriot. Sotto lo sguardo allibito dei Roccellesi (che cominciavano a sentirsi dei topi in trappola) stava sorgendo una muraglia simile ad una diga costruita fuori dalla portata delle batterie e dei cannoni.
Gli operai, si noti bene, erano altamente specializzati e molto ben retribuiti: prendevano fino a 60 soldi al giorno, cioè il doppio di una paga normale di un pari livello francese. Anche per questo, oltre che per spirito patriottico, sfidarono i cannoneggiamenti nemici. In circa tre mesi (giorno più giorno meno) il muraglione venne completato. Lungo 1900 metri, nel centro (dove le acque erano più profonde) venne lasciato libero un passaggio perché le correnti della marea e delle onde trovassero sfogo. Le batterie vennero sistemate alle estremità ed un sistema di battelli incatenati e di palafitte rendeva impossibile il transito di qualsiasi imbarcazione.
Mentre assisteva alla realizzazione di quel capolavoro ingegneristico, Richelieu si lasciò scappare: “A meno che non volino, le navi nemiche non potranno più entrare in La Rochelle”. Era emozionato, molto emozionato, ma anche soddisfatto del lavoro.
Intorno alla muraglia c’era l’esercito francese, rincuorato sia dalla vittoria contro gl’Inglesi sia dalla vista di quella fortificazione. Richelieu, da buon religioso, aveva anche messo in campo moltissimi preti che rincuoravano e davano forza ai soldati. D’altra parte gli armamenti degli assedianti erano tra i migliori: cannoni, carabine, fucili, archibugi.
Durante i suoi giri di ispezione, il cardinale si esponeva a rischi incredibili, anche più dei suoi uomini, i quali infatti lo guardavano come uno di loro. Era come ossessionato dalla vittoria e sognava di prendere La Rochelle e uccidere tutti quei miscredenti.
A marzo si presentò nel campo francese un roccellese cattolico che si offrì di aprire un passaggio segreto tra le mura: Richelieu si mise alla testa di 5.000 uomini e si portò a ridosso della porta di Maubec. In mezzo alla fanghiglia, i Francesi aspettarono inutilmente per tutta la notte che quel traditore aprisse quella porta. Immerso fino alla cinta nella fanghiglia, Richelieu diede l’ordine di rientrare, scornato e ancora più voglioso di ammazzare quei protestanti.
I Roccellesi, nel frattempo, cercarono in ogni modo di scardinare quella muraglia, ma non riuscirono nonostante numerose sortite. Qualcuno, all’ennesimo tentativo di forzare il blocco, parlò apertamente di arrendersi, ma il sindaco Jean Guiton vibrò una violenta pugnalata al tavolo di marmo del consiglio e gridando: “Così colpirò chi parla di arrendersi! E così colpirete me se ne parlerò io”!
Con tenacia i Roccellesi resistevano. Guardavano spesso verso il mare ansiosi di vedere all’orizzonte la bandiera di San Giorgio. Sapevano che Buckingham non era uomo da lasciare impunita una sconfitta, per lui era una questione personale con Richelieu.
E infatti gli Inglesi arrivarono. L’11 maggio le navi della flotta britannica si presentarono all’imbocco del canalone, ma comandate non da Buckingham bensì da Lord Denbigh. Ben altro spirito combattivo, l’ammiraglio quando vide quella formidabile fortificazione decise subito di desistere dall’attaccate le navi francesi. Nonostante l’appello di Guiton “Non potete lasciare morire i vostri fratelli cui avete fatto tante promesse, tutta Europa vi guarda”, l’inglese non diede l’ordine di forzare il blocco. Si limitò a “saggiare” il muraglione con alcune decine di cannonate. Visto che questo resisteva senza problemi, prese il largo con la sua flotta e lasciò La Rochelle nelle mani dei suoi nemici. Lord Denbigh, in quel caso, trasgredì ad un comando dato nientemeno che dal re Carlo I, che voleva a tutti i costi riprendere la fortezza. L’ammiraglio preferì risparmiare la sua vita e quella dei suoi uomini evitando una sicura carneficina.
Giugno passò tra piccole scaramucce e cannoneggiamenti di poco conto. La vera guerra progettata da Richelieu era quella che i Roccellesi combattevano contro la fame. L’8 luglio il cardinale avanzò una prima proposta di pace: Guiton la respinse inventandosi che Buckingham stava tornando con la sua flotta e che stavolta si sarebbe fermato il tempo necessario per massacrare i Francesi. Quella flotta non arrivò perchè, il 23 agosto, il tenente puritano John Felton pugnalò al cuore Buckingham, reo di condurre a suo parere una guerra empia col solo scopo della sua gloria personale. Con lui calava nella tomba l’ultima speranza di La Rochelle.
Il cardinale Richelieu
Quando Guiton lo seppe non fece una piega. Si doveva resistere a tutti i costi: poco importava se vecchi, donne e bambini morivano di fame. Centinaia di bocche inutili vennero fatte uscire dalla città: questi chiesero aiuto ai Francesi che li respinsero. Quei poveracci morirono di fame nel pantano, in mezzo alle schiere francesi (loro compatrioti) e agli assediati roccellesi che li guardavano dalle mura.
Richelieu interpretò il momento e ricorse ad uno stratagemma modernissimo: la contro-propaganda. Fece arrivare sulle mura della roccaforte migliaia di volantini con scritto: “Guiton vi dice che poco importa che donne e bimbi muoiano di fame, purché si resista. Sta bene: ma riflettete che questi condannati a morte sono i vostri padri, le vostre mogli, i vostri figli”.
I Roccellesi cominciarono a vacillare. Nella città il nutrimento principale erano i topi.
Però, il 29 settembre, ecco la speranza. Centoquattordici navi inglesi si profilarono all’orizzonte, sotto una coltre di nuvole. La flotta era comandata dal conte di Lindsey. Dopo un inutile cannoneggiamento della diga, un lungo duello con i cannoni (Richelieu sparò di persona il primo colpo), dopo aver cercato di usare brulotti incendiari e una nave-mina, l’ammiraglio dispose la fine delle operazioni e avviò le trattative con il cardinale.
Gli Inglesi si arrendevano. Dei 28.000 Roccellesi ne rimanevano forse 10.000. “Una donna ha divorato il cadavere della figlia. Una ragazza ha rosicchiato le dita di un fratellino. Altri ancora mangiavano topi già putrefatti”, riportano le cronache. Mentre Lindsey prendeva il largo con le sue navi, Guiton decise finalmente di arrendersi.
Gli sconfitti chiesero l’onore delle armi e l’intoccabilità delle fortificazioni.
Richelieu rispose: “Ho capito, ne parlerò a Sua Maestà entro otto giorni”. “Otto giorni? Ma come, monsignore, abbiamo viveri per appena tre giorni” rispose un roccellese ridotto ad una larva umana. E anche Guiton capì di non avere più margini di trattativa: bastava salvare la vita dei pochi rimasti.
Il 30 ottobre il cardinale entrava in trionfo nella roccaforte espugnata con l’armatura cesellata a fiordalisi e il mantello rosso. Fece distribuire a tutti del pane e la folla gridò: “Viva il re che ci ha dato misericordia”.
Jean Guiton non udì quelle grida perché viaggiava verso l’esilio. Intanto si scatenava una violenta tempesta, frequente in quella parte d’Atlantico. La furia delle onde aprì grandi brecce nella diga di La Rochelle costruita da Richelieu.