Capitolo Quinto

La fine dell’Ottocento porta con sé una valanga di contraddizioni all’interno degli Stati Uniti.

La grande nazione sta vivendo un periodo di espansione enorme, ha acquisito altri territori e sta sterminando gli ultimi residui indiani nelle praterie. Gli uomini delle frontiere diventano gli emblemi della gioventù americana e le ferrovie cominciano a collegare l’Atlantico con il Far West. Le industrie al nord continuano la loro esplosione, sciami di migranti da ogni parte del mondo arrivano a fornire manodopera a basso prezzo nelle fabbriche, la corsa agli armamenti è appena iniziata. Certo, non sono gli Stati Uniti che conosceremo nella Seconda Guerra Mondiale, perché continua l’isolazionismo. Però la loro storia nazionale in ambito internazionale comincia appunto in quegli anni.
L’immigrazione porta, come detto, manodopera per le industrie e contribuisce gettare le fondamenta per la potenza degli Stati Uniti, ma fomenta anche violenze. Cominciano a nascere ghetti, suburbi, periferie, nelle grandi città del nord come Boston, New York, Philadelphia, Chicago, Washington. E’un’immigrazione in gran parte controllata, ma pur sempre massiva. Molte frange della popolazione poco sopportano i nuovi arrivati e si creano grossi problemi di coabitazione tra le varie nazionalità ed etnie.
Il problema della uguaglianza tra bianchi e neri, quindi, passa in secondo piano. Il governo nazionale ha estirpato la mala pianta del Klan fingendo di non vedere che in realtà essa continua a germogliare. In pochi anni, tra il 1874 e il 1887, cadono tutti i governi repubblicani del sud: Alabama nel 1874, Mississippi nel 1875, Carolina del Sud, Florida e Louisiana nel 1886-1887. Trionfano i Democratici, che spesso hanno dimostrato aperta simpatia agli aderenti del Klan. E’probabile che lo stesso Forrest ne facesse addirittura parte.
Col partito Democratico al potere, i neri perdono molti diritti civili, la questione razziale passa di moda e le condizioni civili della minoranza di colore peggiorano. Sembra un paradosso che proprio i Democratici, oggi considerati l’ala “progressista” americana siano stati gli autori di questo passo indietro nella lotta al razzismo, ma tant’è. Nella giovane America non si ha posto, per ora, per le battaglie ideologiche.

Dunque, sotto sotto cova ancora l’odio bianco verso gli ex-schiavi e in generale i neri. Nel sud gli stessi rappresentanti della minoranza di colore invitano alla prudenza. Significative le parole pronunciate da Booker Washington, uno dei leader neri, all’inaugurazione della fiera di Atlanta il 18 settembre 1895: “I fratelli più saggi della mia stessa razza comprendono che agitare oggi la questione dell’uguaglianza sociale costituisce solo una follia estrema”.
Il nuovo secolo che si avvicina, il Novecento, è maturo per la ricomparsa di quei fantasmi terribili.
Anche perché nel 1906 esce nelle librerie statunitensi un volume destinato a diventare uno dei maggiori best-seller della cultura americana: “The Clansman, an historical romance of the Ku Klux Klan”. L’autore è il reverendo Thomas Dixon, nativo della Carolina del Nord. Nell’introduzione del libro si legge: “Nell’ora più nera della vita del sud, quando il suo popolo ferito giaceva impotente nella cenere e nella desolazione sotto il rostro e gli artigli dell’avvoltoio, d’improvviso apparve il Klan, anima reincarnata dei Clan della vecchia Scozia”.
Nel volume si racconta di Thaddeus Stevens, un politico repubblicano che tenta di “africanizzare” gli Stati Uniti corrompendo diversi senatori e usando ogni violenza. Insieme a lui i suoi compagni, sempre repubblicano, e naturalmente i suoi scagnozzi, i neri. A contrapporsi, nella parte dei “buoni”, ci sono naturalmente i Klansmen, eroi senza macchia e senza paura che sfilano in silenziose processioni, celebrano riti druidici e accendono croci celtiche in cima alle colline e alle montagne. Questi cavalieri ricorrono di rado alle violenze, e solo se provocati. Grazie a loro i turpi intrallazzi di Stevens vengono a galla e la supremazia bianca è salva.
Il libro ha un enorme successo di pubblico. Invito a leggerlo come documento storico, non per il suo contenuto. E’un polpettone intriso di retorica, scritto male, in modo ampolloso e sofferto (si vede che l’autore non ha la penna sciolta). Tuttavia, in molte sue parti rivela il vero spirito americano che si annida soprattutto nelle province, nella sua ingenuità, nella sua cattiveria, nella sua paura del nuovo e dello straniero. E’un romanzo, si capisce. Però nasconde in sé molte delle contraddizioni dell’America nostalgica che non vuole aprirsi al mondo.

Per almeno due lustri è un best-seller che porta soldi e fama al fortunato autore. In particolare attira l’attenzione di uno dei più grandi registi della storia del cinema, David Griffith, che nel 1914 chiama Dixon per proporgli di scrivere la sceneggiatura di un film ispirato alle vicende del Ku Klux Klan. Da questa collaborazione nasce il primo kolossal cinematografico, “The Birth of a Nation” (“La Nascita di una Nazione”), costato 100.000 dollari e destinato ad incassare 15 milioni.
E’un successo incredibile, che oggi possiamo solo lontanamente immaginare, abituati come siamo a film e produzioni in serie. Nel sud, dopo le “prime”, folli giubilanti inondano le strade, mentre nel nord i giornali liberali si scatenano contro il messaggio fortemente razzista del regista.
Siamo agli albori dell’epoca del muto: il commento scritto per mezzo di didascalie gigantesche esercita una suggestione profonda sugli spettatori (non abituati, come possiamo esserlo noi, alle sale da cinema). La vicenda racconta la contrapposizione di due famiglie del sud, i Cameron e gli Stoneman, i cui figli maschi combattono tra le file sudiste. Alla fine della Guerra di Secessione, il capostipite degli Stoneman, Austin, collabora col governo nazionale andando contro agli interessi dei bianchi del sud e nominando un nero, Silas Lynch, quale supervisore alla legge elettorale. Grazie ad essa il diritto di voto viene esteso a tutti gli afroamericani, i quali si dedicano a violenze, intimidazioni, ruberie nei confronti degli odiati bianchi.
Il primogenito dei Cameron, Ben, riesce però a fondare un’organizzazione dedita alla difesa della razza bianca, il Ku Klux Klan, che alla fine schiaccerà le velleità di uguaglianza razziale e salverà la razza bianca dall’annientamento.
La scena finale, in particolare, è un inno di gloria al Klan: una grandiosa cavalcata di cavalieri incappucciati che verrà imitata nei decenni a venire in migliaia di western. E’un capolavoro vero (indipendentemente dal messaggio convogliato), che vi consiglio di guardare. Il film è un successo straripante perché mischia brivido, storie d’amore, suspense, azione, ricordi non troppo lontani del sud romantico, sfrenate passioni. Tutti, nel sud, ne rimangono soggiogati. Tutti, s’intende, di razza bianca.

Nel 1915, quando esce “Birth of a Nation”, un giovanotto magro ed occhialuto, William Joseph Simmons, accende una croce fiammeggiante sulla collina di Stone Mountain, a est di Atlanta. Intorno a lui pochi ma infervorati incappucciati ridanno vita al Ku Klux Klan. E’il Thanksgiving, il Giorno del Ringraziamento. La data non è naturalmente casuale.

Capitoli

Capitolo Primo

Nel profondo sud degli Stati Uniti è una afosa sera d’estate. Bellissima, come solo quelle vaporose sere sanno essere nel Tennesse, tra le dolci colline animate da un gracchiante concerto di rane e coccolato dal cristallino bisbiglio di un torrentello. Leggi tutto »


Capitolo Secondo

In quell’estate del 1866 i giovani Stati Uniti d’America vivono la loro “terza era”. La prima era ha avuto inizio nel 1776 con la vittoria della Guerra d’Indipendenza contro la madrepatria inglese. Leggi tutto »


Capitolo Terzo

“Devo dire che non sono, e non sono mai stato, favorevole a promuovere in alcun modo l’uguaglianza sociale e politica tra la razza bianca e quella nera: devo aggiungere che non sono, e non sono mai stato, favorevole a concedere il voto ai neri o a fare di loro dei giurati, né ad abilitarli a ricopri Leggi tutto »


Capitolo Quarto

La grande convention del Klan è un successo nazionale. Ne parlano quasi tutti i giornali del sud, ma anche moltissimi del nord le dedicano più di un trafiletto. Leggi tutto »


Capitolo Quinto

La fine dell’Ottocento porta con sé una valanga di contraddizioni all’interno degli Stati Uniti. Leggi tutto »


Capitolo Sesto

Il giovane che guida quel gruppo di neofiti del Ku Klux Klan quell’ultimo giovedì di novembre del 1915 è William Joseph Simmons. Leggi tutto »


Capitolo Settimo

Il 17 maggio 1954 la Corte Suprema degli Stati Uniti decreta l’abolizione della segregazione razziale nelle scuole pubbliche. Leggi tutto »


Capitolo Ottavo

Il Ku Klux Klan sopravvive ancora oggi, nelle frange più deviate e retrive dell’America. Soprattutto nel sud, anche se il fenomeno si è imbastardito di nazismo. Leggi tutto »


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