Il Ku Klux Klan sopravvive ancora oggi, nelle frange più deviate e retrive dell’America. Soprattutto nel sud, anche se il fenomeno si è imbastardito di nazismo.
Non è difficile prevedere che è destinato a scoppiare nuovamente, anche in tempi brevissimi, in modo fragoroso. Troppe analogie con gli anni finali dell’Ottocento, troppe contraddizioni e troppo poco coraggio di dimostrare che il problema del razzismo non è stato affrontato adeguatamente. La mala pianta dell’Invisibile Impero, lungi dall’essere estirpata, sopravvive perché ha delle radici profonde, nel colonialismo, nel nazionalismo, nel razzismo.
E allora terminiamo questo racconto con la parte meno cruenta di questa organizzazione, ma non per questo meno temibile: il background culturale. Consiglio personalmente di leggere i libri che proporrò a breve. Sia per una crescita culturale che sociale.
Al Klan si sono ispirati, oltre a Birth of a Nation, anche A Fool’s Errand, del 1879, autore Albion Tourgèe. Questi era un magistrato nordista vissuto nel sud durante il periodo post-Guerra di Secessione. Grazie a quest’opera, diventato un best-seller, ha raccolto ricchezze e fama. Il protagonista del libro, Comfort Servosse, commerciante di legname e colonnello nordista, emigra nel sud acquistando un appezzamento di terra. I suoi scontri con la retriva comunità del luogo portano all’intervento dei Klansmen, che prima lo minacciano di morte e successivamente tentano di ucciderlo. La congiura viene però sventata dalla figlia, che interviene appena in tempo per salvarlo e farlo fuggire.
Altro volume da leggere, se non altro per la sua purezza letterale, è Thorns in the Flesh (Spine nella Carne), del 1884, di un certo Floyd. L’eroe della vicenda è un giovane sudista, Charles Stewart, che prima difende e alla fine sposa una fanciulla angariata dal direttore del collegio presso cui ella lavora. Nelle oltre 600 pagine (è un mattone) si dipartono le solite beghe amorose e si glorifica l’apporto del Klan alla stabilità sociale del sud. E’un’opera ponderosa, ma comunque molto ben scritta e con una trama abbastanza pregna di suspense.
Inserisco nella mia lista anche Red Rock, pubblicato nel 1898, di Thomas Nelson. Il suo protagonista si chiama Jonathan Leech (in inglese, sanguisuga), un membro di quel Freedmen’s Bureau che rappresentava il nemico numero uno dell’aristocrazia sudista post bellica. Leech, dopo aver tradito la moglie e abbandonato la famiglia, raggira pure i neri, istigandoli a provocare incendi, rivolte e violenze d’ogni tipo, col miraggio di conquistare i latifondi. Così le ville e le proprietà fondiarie usurpate da neri finiscono regolarmente nelle sue ampie tasche. Il Klan, naturalmente, interviene rimettendo a posto le cose, come si conviene a qualsiasi polpettone a lieto fine.
Poi, come abbiamo già detto, arrivò The Clansman, ispiratore di Birth of a Nation, il catalizzatore di tutta questa letteratura sudista e ispiratore della cinematografia hollywoodiana dei decenni a venire.
Questi volumi (oltre al modo di scrivere molto barocco e spesso fin troppo forbito) hanno un minimo comun denominatore: il romanticismo. Gli ideali romantici della vita campestre del sud dominano sempre, anche nei romanzi di denuncia al Klan. E’un’idea che vi farete camminando in una qualsiasi cittadina di quella parte d’America, parlando con i vecchi e i giovani della zona, mettendovi a guardare un tramonto lungo le dolci colline cullate dal canto dei grilli e disturbati dal gracchiare delle rane. Come in quella lontana sera d’estate del 1866, quando tutto ebbe inizio. Quando il Klan nacque. In realtà, a ben vedere, il suo spirito aleggiava già nel vento del sud e ispirava già i cuori dei suoi abitanti. Doveva solo trovare un nome per iniziare la sua storia.
Come tutte le storie di fantasmi, anche questa fa paura ma nel contempo affascina. Come tutte le storie di fantasmi, ispira le coscienze, che decidono se stare da una parte o dall’altra. Come tutte le storie di fantasmi, ritorna. Come tutte le storie di fantasmi, da piccoli tutti vi crediamo. Come tutte le storie di fantasmi, quando poi cresciamo fingiamo di non credervi più.
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