Capitolo Quarto

Torniamo ora a quel 19 ottobre 1944. E’ormai sera, e ventitré piloti della 201°squadra vengono convocati dal loro comandante, Usuichi Tamai, il quale ha appena appreso del piano suicida del vice-ammiraglio Onishi.

Tamai parla a lungo ai suoi uomini, a cuore aperto, senza pesare nessuna parola. Riferisce che la situazione è quasi disperata, che l’Impero Giapponese sta per perdere la guerra, e che il loro sforzo probabilmente sarà vano. Però una piccola possibilità di salvare il Giappone c’è: ogni soldato deve fare il suo dovere. I ragazzi, a capo chino come davanti a un monaco buddista, ascoltano muti e assorti. Finalmente Tamai prospetta la loro missione: quella di suicidarsi schiantandosi contro le portaerei nemiche.
Qui avviene una scena che noi occidentali non potremmo mai immaginare. Tamai non riesce a finire il discorso perché tutti e ventitré, all’unisono, gridano: “Tenno Banzai” (“Diecimila anni di vita all’Imperatore”), dopodiché, pazzi di gioia, si abbracciano.
Quei ventitré leoni sono ventitré uomini. Anche loro hanno genitori, sorelle, fratelli, figli, sono fatti di carne e ossa, provano passioni, il loro cuore pulsa di amore e voglia di vivere. Ma sono anche il frutto di duemila anni di Shintoismo, di dedizione assoluta all’imperatore e alla tradizione gloriosa degli antenati mai battuti in nessuna guerra. Sono consapevoli di essere i Samurai del XX secolo.
Tamai piange, li ringrazia, stringe la mano a tutti, uno per uno.

Verso le tre del mattino del 20 ottobre Tamai incontra Inoguchi e gli confida: “Sono ventitré leoni. Ognuno di loro è felice che sia giunto il suo momento di vendicare i compagni morti. Sono tutti perfettamente padroni dei loro corpi e nelle loro vene scorre il sangue ardente e puro della giovinezza”. Bisogna scegliere il comandante di quella squadriglia. Tamai va dal capitano di vascello Yukiho Seki, nel cuore della notte. E’la sua unica scelta, sa che accetterà.
Seki ha una moglie che adora. Non ci pensa neppure un attimo: “E’inteso. Comanderò io la missione”. E si riaddormenta in pace con sé stesso.

Adesso bisogna scegliere il nome da dare a quel corpo speciale. Inoguchi riflette e poi dopo un istante pronuncia una sola parola: “Kamikaze”. Nell’agosto 1281 l’immensa flotta cino-mongola di Kublai Khan si apprestava a invadere il Giappone. Appena prima della partenza, però, un formidabile uragano aveva spazzato la baia distruggendo gran parte delle giunche nemiche e lasciando spazio al contrattacco nipponico. I Giapponesi ringraziarono Ise, il dio del vento, che aveva mandato la tempesta a salvarli. Quella tempesta venne chiamata Vento Divino: in giapponese, Kamikaze.

663 anni dopo il Vento Divino salverà ancora il Giappone. Onishi forma il corpo speciale cui dedicherà un verso del poeta Norinaga Motoori: “Se ti chiedono cos’è lo spirito del Giappone eterno, rispondi che è come il fiore di ciliegio ai primi raggi del sole del mattino: puro, chiaro e d’un profumo delizioso”.

Capitoli

Capitolo Primo

Il Giappone è un impero millenario che non ha mai perso una sola guerra. Questa è la premessa su cui dobbiamo porre le fondamenta del nostro racconto. Leggi tutto »


Capitolo Secondo

Il 15 ottobre 1944, di prima mattina, un’animazione insolita regna nell’aeroporto Clark, nelle Filippine occupate dai Giapponesi. Leggi tutto »


Capitolo Terzo

Non pretendo di spiegare il perché degli uomini razionali come i soldati giapponesi abbiano deciso di suicidarsi deliberatamente per una causa che probabilmente sapevano disperata, se non impossibile. Leggi tutto »


Capitolo Quarto

Torniamo ora a quel 19 ottobre 1944. E’ormai sera, e ventitré piloti della 201°squadra vengono convocati dal loro comandante, Usuichi Tamai, il quale ha appena appreso del piano suicida del vice-ammiraglio Onishi. Leggi tutto »


Capitolo Quinto

La battaglia di Leyte, la più gigantesca battaglia aeronavale di tutti i tempi, comincia il 20 ottobre quando i primi marines sbarcano sulle Filippine. Leggi tutto »


Capitolo Sesto

Ai primi di novembre i corpi speciali dei kamikaze sono già decine. Il morale dei giovani piloti, quasi tutti novellini, è alle stelle. Leggi tutto »


Capitolo Settimo

No, naturalmente, ancora nessuno pensa ad arrendersi. Anzi. Leggi tutto »


Capitolo Ottavo

Il 21 giugno 1945 Okinawa appartiene alle forze americane. La campagna, durata 82 giorni, è costata agli yankees 12.300 morti. Ai Giapponesi 130.000. Leggi tutto »


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